Ognuno di noi ha una o più canzoni preferite. Brani spesso legati a momenti particolari (una festa, un luogo, un amore, un programma radiofonico, una stagione al mare) che formano la colonna sonora di certi anni. Strofe e ritornelli mandati a memoria, in grado di richiamare pensieri, evocare emozioni e procurare brividi, di far balenare davanti agli occhi flash del passato, quasi di rivivere momenti magici. Proprio l’epoca d’oro, dal 1958 al 1982, della discografia italiana – l’era del vinile e delle audiocassette, del mangiadischi e della fonovaligia presto sostituita dagli stereo hifi – è il filo conduttore di un tuffo nella memoria collettiva del paese, attraverso una splendida mostra multimediale Noi…non erano solo canzonette, alla Promotrice delle Belle Arti di Torino fino al 7 luglio, che mette in scena le profonde trasformazioni della società, dei costumi e della cultura, in questo quarto di secolo, dal successo di Volare al Festival di Sanremo 1958 alla conquista della Coppa del Mondo di calcio nel 1982, dai 15 milioni di dischi venduti nel 58 al triplo nel 1982.

LA STORIA italiana recente raccontata attraverso la musica, oltre che le immagini e i video, per risentire gli echi di un mondo ormai scomparso, eppure un lungo processo d’evoluzione in grado di far comprendere meglio l’oggi e influenzare anche le generazioni più giovani. Il Noi è quello della comunità italiana e di quella musicale, in particolare, rappresentata sulla falsariga del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo dal logo della mostra con al centro Modugno e Dalla, la mamma Mina con in braccio un mazzo di fiori e dietro i ragazzi delle manifestazioni pacifiste e quelli dei trionfali cortei sportivi.

I CURATORI Gianpaolo Brusini, Giovanni De Luna, Lucio Salvini, con la partecipazione di Fabri Fibra, Vittorio Nocenzi, Giorgio Olmoti e Omar Pedrini, hanno individuato 100 canzoni pescando nella musica d’autore del periodo, quelle composizioni musicali che riflettevano lo zeitgeist, gli umori, il clima e il linguaggio del «salotto buono» e della strada, parole e accordi carichi di sentimento talvolta di poesia. Un «passo a due» fra musica e società, dove gli stili di vita, le mode, le relazioni interpersonali e perfino le stesse istanze sociali sono influenzati l’uno dalle altre.

LA FRUIZIONE musicale in mostra è a più livelli: dall’audio diffuso nelle varie sale, alle opere ascoltabili in cuffia, agli speaker direzionali per i filmati d’epoca. Le playlist tematiche sono accompagnate dalle gigantografie e da tante foto di collezioni private (due su tutte, una radiosa Mia Martini alla presentazione del singolo Piccolo Uomo e un Jannacci al pianoforte vestito tutto a strisce) in un allestimento pensato per amplificare l’impatto emotivo. Cosi è facile ricordare i lenti da ballare in stanze poco illuminate, il twist per scatenarsi nei locali, le ballate con la chitarra nei falò sulla spiaggia, il rock impegnato dei festival all’aperto, il vino contro il petrolio di Piero Ciampi, la fuga laterale nel nonsense degli Skiantos, la libertà difficile da raggiungere di Giorgio Gaber, l’inno di rivolta Canzone del maggio, l’identità di una donna che sta bene da sola di Insieme a te non ci sto più, la contestazione antireligiosa di Affacciati affacciati, la pacifica controcultura di Jesahel, l’ironia sferzante di Il cielo è sempre più blu. E qualcuno potrà criticare l’assenza di Giovanna Marini, Giuni Russo e i Zezi, originale collettivo operaio teatral-musicale di Pomigliano, invitato in tutto il mondo.

LE GRANDI scenografie che costruiscono il nucleo delle stanze espositive sono costruite con il repertorio fotografico proveniente dall’Archivio Publifoto, recentemente acquisito da Intesa Sanpaolo che per la prima volta viene esposto in una mostra. Il percorso espositivo è suddiviso in dodici aree tematiche. Dalla grande immigrazione verso le città del Nord della fine degli anni cinquanta, sino al disimpegno che ha configurato gli anni ottanta, vedremo il mutare del profilo delle città e delle campagne (Il Boom), l’avvento del consumismo (Carosello), la conquista del tempo libero e delle vacanze di massa (Abbronzatissimi), l’emancipazione femminile (Pensiero Stupendo) e giovanile (L’Esercito del Surf), le rivendicazioni sociali e i movimenti studenteschi (C’era un ragazzo che come me), le contrapposizioni laici e cattolici (Dio è morto) le lotte operaie (Contessa), il terrorismo (La locomotiva).

E POI le radio libere (Musica ribelle), le discoteche (La febbre del sabato sera) ed infine il riflusso che darà inizio agli edonistici anni ’80 (Splendido Splendente). Le canzoni, le foto, i filmati (e gli oggetti di memorabilia) hanno il potere di evocare avvenimenti che hanno segnato profondamente più generazioni, facendo spesso da catalizzatori della memoria, ricordando la felice stagione dell’oggetto sonoro fisico e quelle melodie che continuano a inseguirci e ammaliarci, anche nei lati nascosti della nostra personalità.