È il giorno delle grandi dichiarazioni programmatiche di Lavrov e la first lady Ucraina, Olena Zelenska, chiede al Congresso americano più armi. «Ci servono sistemi di difesa aerea» ha detto la moglie di Zelensky di fronte ai senatori americani riuniti per ascoltarla , «non per attaccare un altro paese nel suo territorio ma per difenderci dagli attacchi in modo che i bambini ucraini non siano uccisi nel loro passeggino». Uno scroscio di applausi ha ribadito il sostegno della politica Usa all’Ucraina, sintetizzato dalla frase conclusiva dell’intervento di Zelenska: «La Russia ci uccide, gli Stati Uniti ci salvano».

MARTEDÌ il portavoce per la sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, si era espresso a margine della conferenza stampa di Biden e aveva anticipato che presto il suo Paese avrebbe spedito nuovi armamenti agli alleati ucraini. Dal canto suo, il presidente americano aveva sottolineato ancora una volta che il sostegno americano a Kiev durerà «per tutto il tempo necessario», senza però fornire dettagli. Ieri abbiamo appreso della decisione del Congresso di inviare altri quattro sistemi missilistici Himars e diversi lotti di munizioni alle forze armate ucraine. Entro la fine di questa settimana l’annuncio che il nuovo pacchetto di aiuti militari – «il sedicesimo», come ha rivelato il segretario della difesa americano Lloyd Austin – sarà reso ufficiale. Quasi in contemporanea, anche il ministro degli esteri francese, Catherine Colonna, ha dichiarato che invierà sei nuovi obici Caesar all’Ucraina, specificando che già 12 di questi sono stati inviati a Kiev dall’inizio della guerra.

INTANTO il governo tedesco continua a comportarsi in modo ambivalente su questo fronte e, secondo il quotidiano Die Welt, avrebbe addirittura ridotto il sostegno militare al governo di Zelensky. Il giornale tedesco ha avuto accesso a un elenco di armi inviate da Berlino e ha notato una flessione nelle forniture belliche. D’altronde non si tratta di una novità, il cancelliere tedesco Olaf Scholz è stato ripetutamente criticato per aver bloccato le consegne di armi all’Ucraina e per aver disatteso le sue promesse sul sostegno militare.

NON PUÒ ESSERE considerato casuale che proprio ieri, tra le varie valutazioni sulla guerra e le minacce all’Ucraina e all’Occidente, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov abbia ricordato che più armi a lungo raggio vengono fornite all’Ucraina, più l’offensiva russa sarà «di ampio raggio». Inoltre, semmai qualcuno sperasse il contrario, il politico russo ha ribadito che «le trattative con Kiev in questo momento non hanno senso».

QUASI IMMEDIATA la replica di Kiev che, tramite l’omologo di Lavrov, Dmytro Kuleba, ha chiesto di «aumentare le sanzioni alla Russia e accelerare le forniture di armi». In un breve testo pubblicato sulla piattaforma Twitter, Kuleba ha spiegato la sua interpretazione delle dichiarazioni russe: «Confessando il sogno di accaparrarsi altre terre ucraine, il ministro degli esteri russo dimostra che la Russia rifiuta la diplomazia e si concentra sulla guerra e sul terrore. I russi vogliono il sangue, non i colloqui. Invito tutti i partner a intensificare la pressione delle sanzioni sulla Russia e ad accelerare le consegne di armi all’Ucraina».

Sempre a proposito di diplomazia, l’altro grande nodo è quello delle esportazioni del grano. Mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato al media governativo Anadolu che vorrebbe «legare l’accordo a un testo scritto in settimana» in quanto a Istanbul sperano di istituire un centro di coordinamento per l’esportazione del grano che «faciliterebbe la soluzione del problema», Kuleba ha dichiarato che sebbene siano stati fatti dei passi avanti» la riuscita dell’accordo è «assai fragile» e «tutto potrebbe saltare da un momento all’altro».

IL GIORNO PRIMA, da Teheran, il presidente russo Vladimir Putin si era detto pronto a consentire l’esportazione di grano ucraino «se tutte le sanzioni relative all’esportazione di grano russo saranno rimosse». Il Cremlino, infatti, sostiene che le sanzioni riguardano l’assicurazione delle spedizioni, i pagamenti e l’accesso ai porti europei laddove i Paesi che hanno imposto sanzioni contro la Russia a causa dell’invasione dell’Ucraina hanno ripetutamente sottolineato che tali misure non si applicano alle forniture alimentari dalla Russia.