La cosiddetta Fase 2 riprende all’insegna delle due ruote. Da New York, dove si chiudono intere strade alle auto («Open Streets») per garantire il distanziamento fisico e abbattere l’inquinamento dell’aria, a Lima, Parigi, Barcellona, Bruxelles che realizzano centinaia di chilometri di nuove corsie ciclabili di emergenza, ampliando le zone pedonali, a traffico limitato e zone 20, dove si dà totale precedenza a pedoni e bici.

Anche l’Italia, pur con notevoli contraddizioni, risponde all’appello dei ciclisti. Il decreto Rilancio prevede un rimborso del 60% (massimo 500 euro) per chi acquista bici normali, pieghevoli, a pedalata assistita, fino al 31 dicembre 2020. Andrà però solo ai residenti delle città con popolazione superiore a 50 mila abitanti. Il decreto prevede anche modifiche urgenti al Codice della strada per permettere la realizzazione di bike lanes di emergenza e le «case avanzate« al semaforo (linee posizionate davanti alle auto dove attendere il verde). Le associazioni di ciclisti urbani (dalla Fiab ai Salvaiciclisti) chiedono anche il doppio senso ciclabile (o senso unico eccetto bici), misura fondamentale per togliere spazio alle auto e garantire una rete diffusa di ciclabilità. Altra fondamentale richiesta, in vista di settembre, sono le «strade scolastiche», cioè le aree pedonali davanti alle scuole nei momenti di entrata uscita. «Eravamo già il paese europeo con il più basso tasso di mobilità sostenibile in Europa nei percorsi casa-scuola, ma la situazione potrebbe peggiorare», affermano le associazioni Genitori Antismog e Massa Marmocchi che stanno integrando il documento strategico Milano 2020 che promuove l’idea di una «città a 15 minuti», in cui ogni cittadino possa accedere a tutti i servizi entro quella distanza. «Al centro della nostra proposta la promozione di una mobilità attiva e autonoma dei bambini, attraverso la pianificazione di una rete di percorsi ciclo-pedonali che favoriscano l’accessibilità alle scuole».

Francesco Tonucci, responsabile storico del progetto internazionale La Città dei Bambini e delle Bambine, e Franco Lorenzoni, scrittore e maestro, propongono ai sindaci di pedonalizzare le città almeno un giorno a settimana: «Dobbiamo togliere spazio alle auto e ridarlo ai bambini, al loro diritto di gioco e di mobilità autonoma, una carenza che da sempre pesa sui bambini italiani».

Ma in un paese dove i bambini sono 8 milioni e le auto 38 milioni non sarà facile togliere spazio alle auto.

A BOLOGNA, INTANTO, È PARTITA UNA CAMPAGNA dal basso #andratuttinbici, che ha colorato la città con manifesti che incoraggiano la mobilità dolce, grazie alla Consulta della Bicicletta e al contributo dei cittadini. Il Comune sta realizzando 15 chilometri di nuove corsie di emergenza ciclabili oltre ai 13 già programmati.
Anche a Milano si stanno dipingendo 35 km di nuove corsie ciclabili. In compenso però, si aprono le Aree a traffico limitato e pedonali: «Il sindaco riapre indiscriminatamente la città al traffico, lasciando circolare chiunque sui percorsi riservati al trasporto pubblico e offrendo la città in pasto alla sosta gratuita», protesta Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’Aria. «In questi due mesi, in base allo studio pubblicato dal Crea, nonostante il Covid sono morte 1.500 persone in meno in Italia e 11 mila in meno in Europa, salvati proprio dal blocco del traffico che ci ha consentito di tornare a respirare. Ora vogliamo riaprire tutto?»

SIMILE COPIONE A ROMA dove si disegnano i primi pezzi dei 150 km di ciclabili promesse, ma al contempo si apre il centro storico alle auto fino a fine maggio, ipotizzando di continuare per tutto il 2020 per «facilitare il transito dei veicoli privati verso il lavoro».

A Genova, quaranta associazioni hanno lanciato un appello chiedendo al sindaco la creazione di una rete ciclabile di emergenza, più mezzi pubblici e corsie preferenziali per togliere spazio alle auto. Il sindaco risponde e iniziano i lavori relativi a 3 ciclabili di emergenza. Da Napoli a Firenze, i sindaci promettono investimenti per la ciclabilità e le associazioni vigilano affinché si passi dalle parole ai fatti.

Non di solo bici, però, vive la mobilità sostenibile. I mezzi pubblici sono un alleato fondamentale, ma il lockdown ha causato in tutta Italia una riduzione dell’80% di corse di autobus, metropolitane, tram e treni, mentre gli utenti sono diminuiti del 90% nei mesi di marzo e aprile. Se già prima del Covid, l’Italia non brillava per capillarità e frequenza dei mezzi pubblici, ora la situazione è ancora più critica. Anche nella Fase 2 i posti sono ridotti di almeno la metà, per garantire distanziamento. E così, complice un clima di sfiducia, molti pendolari hanno ripiegato sull’auto, intasando strade e tangenziali, con ripercussioni negative sull’inquinamento e la sicurezza stradale.

IN GERMANIA E IN SVIZZERA si è invece tornati alla virtuosa normalità di corse ed orari, senza limitazione dei posti a sedere, (resta solo l’obbligo delle mascherine).
Il gruppo Famiglie senz’auto chiede anche in Italia una maggiore offerta di mezzi pubblici e vista la maggior disponibilità di spazi nelle vetture, la possibilità di trasportare bici su tutti i treni in modo gratuito.

Secondo Anna Donati, responsabile mobilità Kyoto Club, oltre ad aumentare le corse e decarbonizzare i vecchi mezzi inquinanti, occorre mantenere incentivi per lo smart working e la flessibilità oraria. Pensando all’estate, poi, l’associazione Amodo chiede più investimenti in treni e ferrovie che colleghino i luoghi turistici, per evitare che i vacanzieri utilizzino in massa le loro auto.

L’industria automobilistica nel frattempo ha già fiutato l’affare. Nonostante la crisi epocale -98% di immatricolazioni ad aprile in Italia – invece di puntare ad una saggia riconversione del settore, l’automotive morde il freno: «Si riaccendono i motori del Paese, sarà un grande momento di riscoperta dell’auto», recita un recente spot, con una retorica che ricorda gli anni ’30. Si solleticano le paure di contagio descrivendo l’auto come «bolla protettiva». Come se non bastasse, in tante città si caldeggia il ritorno del cinema «drive in», in un nostalgico ritorno al »tutto in auto».

Un sondaggio Ipsos, condotto in Cina nel dopo pandemia, ha rilevato una generale tendenza a comprare nuove auto a causa della sfiducia nei mezzi pubblici. Molto probabilmente, l’Italia non sarà da meno.

IL SETTORE AUTO È GIÀ PASSATO ALL’INCASSO: chiede incentivi all’acquisto, abolizione dei disincentivi (malus) per auto inquinanti e la proroga dei limiti alle emissioni di CO2 dei veicoli. La Fca – che da tempo ha sede legale in Olanda – come da tradizione ha fatto sapere di essere intenzionata a chiedere all’Italia un aiuto statale da 6,3 miliardi. La giunta regionale lombarda si è già impegnata a «rinviare a data da destinarsi» le limitazioni sull’acquisto Euro 4, che sarebbero dovute entrare in vigore ad ottobre di quest’anno. Anche in Emilia Romagna la ripresa è all’insegna di auto e asfalto. Il piano triennale annunciato da Bonaccini prevede la maggior parte dei fondi per nuove strade e autostrade, e una minima parte per ferrovie, tpl, ciclabili ed efficientamento energetico.
Una cosa è drammaticamente certa. L’Italia è già fin troppo satura di auto, con 854 veicoli – di cui 645 auto – ogni mille abitanti. Ancora più automobili, non è più possibile.