Sono come un fiume in piena le reazioni di cordoglio e di condanna della Turchia per la morte dell’avvocata dei diritti umani Ebru Timtik che si è spenta giovedì dopo aver fatto un lungo digiuno di protesta perché condannata al carcere solo per aver esercitato la sua professione. Timtik aveva difeso negli ultimi anni più di un oppositore del regime e agli occhi dei servizi segreti aveva la “colpa” di mantenere legami con associazioni e organizzazioni di sinistra. Arrestata nel settembre 2018, era stata condannata a 13 anni e 6 mesi di prigione. A febbraio aveva iniziato lo sciopero della fame che l’ha uccisa dopo 238 giorni. Tanti in Europa puntano il dito contro il regime di Erdogan mentre in Turchia amici, parenti e compagni di Timtik devono fare i conti con le intimidazioni e gli avvertimenti della polizia che già venerdì aveva attaccato con spray al peperoncino e gas lacrimogeni il corteo funebre. Si teme intanto per la vita di un altro avvocato, Aytac Unsal, che, come Ebru Timtik, fa lo sciopero della fame in carcere da oltre 200 giorni.

 

L’Unione europea, ha fatto sapere ieri il portavoce della Commissione per gli affari esteri Peter Stano, segue la vicenda. «Timtik ha fatto lo sciopero della fame per avere un processo giusto», ha sottolineato Stano «e questo esito tragico illustra dolorosamente la necessità urgente che le autorità turche affrontino in modo credibile la situazione nel Paese per quanto riguarda i diritti umani e le serie carenze osservate nel sistema giudiziario». In Italia tante le prese di posizione. Significativa quella dell’Associazione nazionale giuristi democratici che «si impegnano a continuare la lotta per il diritto alla difesa, per un giusto processo e contro la tortura dei detenuti politici per la quale la collega (Timtik) ha dato la vita, e condannano le dichiarazioni del ministro dell’interno turco che su Twitter ha criticato l’Ordine degli avvocati di Istanbul per aver esposto l’immagine di Ebru». I giuristi democratici chiedono l’immediata liberazione di Aytac Unsal e di tutti gli avvocati ingiustamente detenuti in Turchia. (michele giorgio).