Roma è una città in profonda crisi. Grandi e piccole aziende si spostano altrove, il tasso di disoccupazione dei giovani romani è superiore di 7 punti percentuali rispetto a quello dei coetanei milanesi.

Frequenti appelli mostrano una reazione collettiva: dalle iniziative di associazioni sindacali o di imprenditori come Unindustria, a quelle più civiche come “Roma Dice Basta” e “Grande come una città”.

Evidente è la necessità di ritrovare un’identità di metropoli europea sulla quale orientare il futuro e conosciuti sono i problemi più imminenti dei servizi come la mobilità e i rifiuti. E poi il dramma della casa, una bomba sociale legata com’è alla mancanza d’integrazione e di inclusione.

Questi fardelli Roma se li porta dietro da anni, nascondendoli spesso sotto il tappeto di aziende comunali in cui si simula il salvataggio celando in realtà un’inadeguatezza strutturale. Un modus operandi che ci soffoca anche da un punto di vista finanziario e crea un buco enorme che, per non far fallire la Capitale, viene trasferito sulle spalle degli italiani.

Tutto questo chiama in causa l’amministrazione a 5 stelle, incapace di cambiare una città orfana di quel sistema di potere, di quel “modello Roma” di fatto estinto tra le inchieste giudiziarie: un compito non certo facile, specie per un movimento che pensa di poter essere autosufficiente.

Ma benché chi governa ha gravi responsabilità, abbiamo anche l’impressione che Virginia Raggi sia stata lasciata ormai completamente isolata, persino all’interno dell’amministrazione.

Come Radicali siamo contro qualsiasi tipo di boicottaggio. Offriamo analisi e proposte a chi amministra: lo faremo di nuovo con la delibera popolare “Ripuliamo Roma”, che sostiene la necessità che il Comune tramite Ama elabori finalmente il lutto di Malagrotta, riscrivendo il proprio piano industriale per dotarsi delle infrastrutture necessarie a chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio metropolitano senza più dipendere dalle altre Regioni che spesso determinano ritardi, dunque rifiuti in strada oltre che tasse tra le più alte d’Italia. L’iniziativa sottintende un quesito: la politica (il sindaco, ma anche i futuri candidati sindaco) ha il coraggio di realizzare un’autonomia del genere, coinvolgendo e convincendo i cittadini nelle scelte, imponendosi sulla paura del consenso?

Abbiamo avanzato una soluzione per il dramma della mobilità con la proposta referendaria per mettere a gara la gestione del trasporto pubblico, superando il monopolio di Atac, ma lasciando al Comune il controllo. Una proposta che ha mobilitato alle urne circa 400mila romani. E con lo stesso intento negli anni passati e prima dello scandalo di Mafia Capitale, abbiamo presentato, sempre su iniziativa popolare, una riforma complessiva dell’accoglienza e il superamento dei campi etnici.

Senza la politica non ci sono soluzioni, ma solo atti amministrativi: a Roma non si discute più di progetti, di strategie per il futuro, di modernizzazione o di riforme, e l’umore degli abitanti diventa risentimento, insofferenza, rassegnazione. E il punto in cui siamo è anche conseguenza di una politica di opposizione che invece di ricercare credibilità, attende l’eliminazione per via giudiziaria degli avversari.

Per ribaltare questa situazione è necessario un percorso di ascolto e approfondimento, come si sta iniziando a fare. Serve mostrare quell’idea di comunità che manca, ma anche come si intende perseguirla: un progetto ambizioso, ma senza il quale il declino della Capitale non avrà fine.
*Segretario radicali Roma