Sosterrà la Lista per Tsipras, l’ex magistrato Antonio Ingroia, oggi commissario della Sicilia e-Servizi, la società per l’informatizzazione, dopo un rocambolesco passaggio alla procura della Valle d’Aosta e un contenzioso con il Csm; e infine le dimissioni. In realtà i promotori della lista per Tsipras non hanno un buon giudizio della Lista Ingroia, che finì in un fiasco nel 2013, e della meteora Rivoluzione civile. Lui, Ingroia, ammette gli errori, ma consiglia e avverte. «La nostra ispirazione era analoga. Ma mi auguro che le liste non siano fatte nel chiuso di una stanza. Le candidature debbono uscire dalle assemblee e dai territori».

È un’autocritica?

Abbiamo fatto errori di cui mi prendo la responsabilità. Ma ho l’attenuante dei tempi stretti che avevamo per presentare la lista. Oggi non è così.

I promotori della lista Tsipras parlano di discontinuità con le esperienze passate. Con lei, in primis. Infatti escludono i leader politici.

Io ritenevo e ritengo ancora sbagliato il principio pregiudiziale che i leader non si candidano. Non ha la peste chi negli ultimi dieci anni ha ricoperto cariche parlamentari o istituzionali. E non lo dico per me: non ne ho mai ricoperte.

Vorrebbe candidarsi?

Non ne ho nessuna intenzione. Ma le pregiudiziali sono sbagliate. E anche le cabine di regia su chi può candidarsi e chi no.

Quello che fece lei.

E fu un errore. Così sui partiti: io sono severamente critico, ma la pregiudiziale contro di loro è sbagliata. Se non si depone la diffidenza degli uni verso gli altri non ne usciremo mai.

La sua ricetta non ha funzionato. Si sente di dare consigli?

È vero, non ha funzionato.

Ma voglio ricordare che prendemmo 800mila voti, che non sono da buttare: meno di quanto pensavamo, ma un risultato dignitoso. E non faccio il capro espiatorio.

La sua Azione civile oggi cos’è?

Un movimento di cittadini, senza sedi, senza iscritti e senza tessere di partito. Si aderisce a uno statuto uno statuto e un manifesto. Abbiamo aderito al manifesto per Tsipras e ora vedremo quanto ci sarà concesso di partecipare. Ci faremo promotori di comitati territoriali, e speriamo che da lì nascano candidature spontanee. Noi siamo dentro, ma dobbiamo guardare fuori: c’è tutto un mondo che non si riconosce in questa Europa, non lo dobbiamo regalare agli antieuropeisti.

Intanto su di lei, come commissario della Sicilia e-Servizi dove l’ha nominata Rosario Crocetta, la Corte dei conti ha aperto un’indagine.

Che io sappia non è vero. A me non è arrivata nessuna richiesta di documentazione.

Qualche volta anche gli avvisi di garanzia arrivano in ritardo. Magari anche la magistratura contabile va lenta?

Sono tranquillo. Ho accettato un incarico complesso in un’amministrazione nella quale il denaro pubblico è stato sperperato a fini dubbi.

Il ’parlamento’ siciliano ha 83 indagati. Si dovrebbero dimettere?

Fosse un consiglio comunale sarebbe già stato sciolto. Quand’ero magistrato con il collega Roberto Scarpinato scrivemmo un articolo in cui sostenevamo che si deve estendere su scala maggiore lo stesso principio.

Crocetta deve dimettersi ?

È una valutazione politica, non spetta a me.

Ma lei ora è un politico, ha lasciato la toga come in molti le avevano chiesto di fare quando si lanciò in politica.

Una richiesta frutto di un conformismo politico. Ho nostalgia dei tempi in cui c’erano uomini come Cesare Terranova, che fece il magistrato antimafia, poi un’esperienza parlamentare, e poi chiese di tornare a Palermo come magistrato. Senza nessuno scandalo.

Ed è una garanzia per il cittadino? Un cittadino deve essere esposto al dubbio di essere giudicato da un magistrato che è anche militante politico?

Il garantismo non c’entra niente. È un’ipocrisia quella in base alla quale i magistrati non abbiano idee politiche. Ce le hanno, meglio che si sappia. Debbono essere valutati sui loro atti giudiziari. Diversamente si prende in giro il cittadino, facendogli credere che il magistrato sia politicamente neutrale. Nessun magistrato lo è ma può essere imparziale nell’esercizio della sua giurisdizione.

Quindi lei avrebbe voluto restare magistrato?

Sì. Infatti, non l’ho mai detto, per questo feci domanda per rientare in magistratura. Se fossi stato riammesso mi sarei poi dimesso, perché volevo ormai fare attività politica, che è incompatibile contestualmente al ruolo di magistrato. Ma avrei affermato un principio: che in un paese democratico e maturo si poteva fare. Lo avrei fatto anche a costo di un danno d’immagine.