«Stefano Bonaccini presidente». Poi lo slogan: «Emilia-Romagna, un passo avanti». Un manifesto semplice: la faccia del candidato, uno sfondo bianco, scritte verdi. Non ci sono altri colori. A non saperne nulla sarebbe molto difficile immaginarsi che quel candidato è un uomo politico nato poco più che ventenne nell’allora Pds e maturato nel Pd. Ha deciso così il candidato Bonaccini, presidente uscente dell’Emilia-Romagna in cerca di un bis che si fa complicato. Il colore rosso che rispetto a 5 anni fa sparisce del tutto dalle locandine, nessun simbolo del Partito democratico nei suoi manifesti così come nessun big del partito annunciato a Bologna per il 7 dicembre in Piazza Maggiore, quando terrà un comizio che, queste le speranze, dovrà bissare il successo delle sardine. Un comizio a cui il Pd «darà una mano». Niente di più.

IL PALLINO RIMANE nelle mani del candidato della coalizione di centro sinistra, da mesi a caccia dei voti del M5S, probabile ago della bilancia delle elezioni del 26 gennaio. Prima con un corteggiamento serrato ai vertici regionali del Movimento. Poi, tramontata l’ipotesi di un’alleanza, comunque impegnato nella conquista di un elettorato che sarà decisivo. Alle europee di maggio il Movimento di Grillo in regione ha incassato 290 mila voti. Un 12% che quando si voterà per le regionali, stando ai sondaggi potrebbe addirittura dimezzarsi. Un tesoro da conquistare prima che incassi tutto la Lega. Perché la battaglia, per Bonaccini, il Pd e la sua coalizione, sarà contro la destra di Salvini e della candidata presidente Lucia Borgonzoni. Uno scontro all’ultimo voto reso ancora più difficile dalla decisione di Luigi Di Maio di chiudere ad ogni alleanza tra M5S e Pd in Emilia-Romagna «perché lo statuto non lo prevede». Scelta, dicono gli esperti, che toglierà sicuramente voti ai dem, in quanto i grillini di destra sono già da tempo passati armi e bagagli con la Lega.

MA SE NON SARÀ alleanza e nemmeno desistenza, nei fatti tra le due forze ci sarà una sorta di pace elettorale. Avversari sì, ma nessuno attaccherà l’altro. Anzi. «Parleremo di contenuti e dialogheremo», dice un’esponente dei 5 Stelle. «Preverrà il bene comune», dice un altro eletto. Una situazione locale che non riflette di certo quello che succede a Roma, dove non c’è stata supina accettazione della scelta del capo politico, che viene attaccato nonostante la conferma del suo ruolo ottenuta da Beppe Grillo. A prendere parola Roberta Lombardi, esponente di spicco dei 5 Stelle e capogruppo dei grillini in Regione Lazio.

«Divieto da statuto? Non è così – sostiene Lombardi – Probabilmente Di Maio si riferiva al combinato disposto tra lo statuto e i regolamenti: si prende una norma presa dallo statuto, molto difficile da modificare, e si combina con requisiti previsti dal regolamento che invece viene approvato a ogni competizione elettorale». Insomma, una scelta politica mascherata da obbligo statutario. Una scelta rispetto alla quale Di Maio prova però a tenere fuori il governo Conte: «L’Emilia non può diventare un referendum sull’esecutivo», afferma.

Fuori dalla beghe nazionali del Movimento, in Emilia le cose vanno diversamente. Accettata con qualche brontolio sotterraneo ma senza proteste aperte la scelta di Di Maio, resta la voglia di non farsi male tra alleati di governo, nonostante il rammarico del Pd «per la grande occasione persa dai 5 Stelle». «Se si cerca dialogo non possiamo farlo per statuto con liste o coalizione, ma possiamo farlo con i programmi. Rubateci le nostre proposte», ha detto lunedì sera Di Maio a Bologna. E siccome il dialogo non è certo con la Lega, l’apertura è tutta verso il Pd. Che ovviamente oltre alle proposte tenterà di rubare, ai 5 Stelle, anche più voti possibile.

RESTA LA SINTONIA che in consiglio regionale va avanti da mesi. I consiglieri dem e i loro colleghi grillini hanno votato più volte assieme sulle questioni ambientali. Addirittura sull’autostrada Cispadana la giunta Pd ha lanciato a parole la possibilità di un’analisi costi/benefici. Un chiaro ammiccamento all’elettorato grillino sull’ennesima, contestata, grande opera.