Pare che non vi siano orrori, non importa se in diretta televisiva, che possano farci smettere i panni dell’opinionista con radicate e pregiudiziali convinzioni ideologiche. Così almeno viene da pensare scorrendo i commenti che quotidianamente accompagnano i terribili fatti d’Ucraina. Con rare eccezioni, tra le quali è doveroso annoverare questo giornale, l’informazione ha messo tenda in un campo o nell’altro dei due partiti ghibellini, quello americano e quello russo, in guerra tra di loro sulla pelle degli ucraini.

C’è chi condanna l’aggressione dell’Ucraina ideata dalla Federazione Russa “soltanto” per impedirle l’accesso al salotto buono e innocente del pianeta; e c’è chi, pur provando ad allargare il campo e la profondità della visuale, individua negli Usa e nella Nato i responsabili di una catastrofe che sarebbe stata evitata se “soltanto” fosse stata riconosciuta e non umiliata la volontà di potenza dei russi dopo il disfacimento dell’Urss nel 1991. I primi hanno memoria corta; i secondi, al contrario, dimenticano i passaggi storici più recenti; entrambi sono vittime della disinformazione organizzata.

I falsi meglio confezionati contengono sempre delle verità ma la “mezza messa”, per citare Andrea Camilleri, resta pur sempre una penosa bugia. Non meno imbarazzante è il cinismo con il quale alcuni autorevoli maître à penser ci illustrano come il mondo sia da sempre diviso in zone di influenza alle quali i popoli non possono, e probabilmente a loro avviso neppure devono, tentare di sfuggire.

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Una concezione imperiale della storia che mummificherebbe la realtà e renderebbe vana ogni idea di progresso e di libertà; e tuttavia spiega bene perché neppure all’orizzonte di queste analisi si riesca a intravedere traccia della volontà del popolo ucraino. All’interesse generale del pianeta, ma forse soltanto al nostro particolare interesse, gli ucraini dovrebbero infatti sacrificare il loro desiderio di indipendenza o, se si vuole, di trasloco da un impero all’altro.

Il percorso che porterà alla scomparsa degli stati nazionali e, conseguentemente, al crollo di tutti gli imperi è ancora molto lungo ma non vi sono alternative se l’umanità riuscirà a sopravvivere alle tante emergenze che la sua stessa insipienza ha sin qui provocato.

Noi europei non abbiamo saputo cogliere la straordinaria occasione di abbattere, dopo quello di Berlino, ogni altro muro eretto sul continente ma non possiamo dimenticare che alcuni dei padri nobili di questa Repubblica, dal loro esilio a Ventotene, mentre impazzava la seconda e auspicabilmente ultima guerra mondiale, già ci avevano ammonito: “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo spazio vitale territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno”.

La Federazione della Terra, la nazione nella quale tutti dovremo un giorno riconoscerci, è la sola risposta al pericolo di un conflitto nucleare, la sola per bandire ogni guerra, la sola per affrontare con serietà e concreta possibilità di successo i problemi globali generati dalla crisi climatica e dalle crescenti diseguaglianze sociali e territoriali.