Di governi del Presidente ne abbiamo visti altri nella nostra storia. I nomi di Ciampi, Dini, Monti segnano le tappe di questa anomalia tutta italiana. Il ricorso a Draghi, perciò, può sembrare scontato. Ma in realtà esso avviene in uno scenario molto diverso. Nei casi precedenti si è fatto ricorso ad autorità “tecniche” per imporre misure di austerità che le forze politiche non volevano prendere. Oggi, invece, ci sono risorse da spendere per fronteggiare l’emergenza ed imboccare la strada di un nuovo sviluppo sostenibile. Non si tratta, quindi, di rischiare di perdere consensi, ma di scegliere quali settori economici e sociali incentivare e quale modello di futuro perseguire.

Un problema, quindi, squisitamente e nobilmente politico. Ma proprio la politica negli ultimi giorni ha dato il peggio di sé e dopo la vana ricerca da mercato dei responsabili ha finito col penalizzare un leader che godeva di ampio consenso e premiare chi ha fatto fallire ogni soluzione praticando la spregiudicatezza distruttiva. La politica ai piani più bassi. Ecco perché la nomina di Draghi è stata accolta con un sospiro di sollievo non solo dai mercati, ma anche dall’opinione pubblica. Ed anche, paradossalmente, dalle stesse forze politiche.

Adesso un’altra fase si impone. Draghi dovrà fronteggiare l’emergenza sanitaria – ma la macchina è avviata – ed attivare l’uso delle risorse europee. Il governo Conte è stato bravo ad ottenerle, ma nel passaggio alla definizione dei progetti ed alla loro “messa a terra” si è stato affossato. Draghi dovrà agire qui, gestendo gli appetiti che si sono scatenati e dando un respiro, una visione all’insieme dei progetti.

La prima scelta lo spingerà a sottrarsi all’abbraccio della politica e ad avvalersi dei tecnici, la seconda richiederà un coinvolgimento della politica sì, ma anche soggetti sociali, movimenti, energie culturali. Quindi emergenza sì, ma in una visione di lungo respiro, autonomia dai partiti, ma anche interazione. Una grande scommessa. Per Draghi si, ma anche per i soggetti politici.

Per il primo il percorso in salita prevede: gestione uscita pandemia, messa punto dei progetti e loro avvio e, tra un anno, probabile elezione alla Presidenza della Repubblica e nuovo incarico per un nuovo governo che porti dopo un anno o due alle prossime elezioni. Per i partiti il percorso non sarà più semplice. In questi mesi, nel crogiolo di questi appuntamenti, si impone un processo di riorganizzazione dei soggetti politici. In Italia più che altrove, siamo in presenza di una transizione sospesa perché i principali soggetti politici sono impregnati di ambiguità e nodi non sciolti. Questo vale sia per quelli nati da una rottura col vecchio assetto, come Lega e M5s, che per quelli nati in continuità come il Pd.

In questo breve periodo che ci separa dalle prossime elezioni saremo tutti chiamati ad affrontarli. La dichiarazione di Conte circa una alleanza per uno sviluppo sostenibile ha il fascino di collocarsi in un percorso che parta dal superamento del Pil ed approdi agli obiettivi dell’agenda 2030 e che impone nuove modalità all’azione politica: obiettivi di nuovo sviluppo ed azioni coerenti e misurabili. Saranno Movimento 5 stelle, Pd, Leu capaci di confrontarsi insieme su questi temi e di assumere le conseguenti decisioni politiche ed anche organizzative? E, soprattutto, sapranno farlo in sinergia con movimenti e giovani che hanno maturato sensibilità su questi temi?

Gli episodi di crisi esistenziale che emergono anche dai crescenti tentativi di suicidio tra i giovani annunciano la tragedia dei nostri tempi. Avevamo promesso loro che il futuro sarebbe stato meglio del passato ed invece loro oggi prendono coscienza che così non sarà. All’uscita dalla fase acuta di questa crisi si affaccia la tragedia parallela del lavoro che scompare. Non c’è tecnico, anche se autorevole, che possa dare risposta a queste domande di futuro se non la politica, quella alta e nobile, il contrario della rappresentazione di muscoli ed urla.

Alle forze progressiste il compito di non cadere nella trappola del politicismo, appoggiare o no, con chi e senza chi o di inseguire le giravolte di Salvini. Pensiamo piuttosto a come si può costruire una soggettività che assuma il tema del lavoro nei termini in cui si sta riproponendo nei processi che stiamo vivendo.