La situazione politica sembra «incartata». Il riferimento non è già a Salvini che procede di vittoria in vittoria (sia pure con qualche rallentamento, come in Sardegna), ma ai 5Stelle e al Pd asserragliati nei loro fortini incomunicanti e incapaci di fornire risposte adeguate alle esigenze urgenti del Paese.

I primi, ingenui anche nella loro protervia e arroganza, hanno ora la misura di quanto li distanzi dalla Lega che ha amministratori provati, radicamenti nei territori che governano, alleanze europee forti, capacità di cavalcare le paure degli italiani in tema di immigrazione e sicurezza pubblica.

I secondi incartati nelle beghe interne del «tutti contro tutti» avendo perso già da tempo il «legame sentimentale con il popolo» di cui sono stati nella storia (passata) i portatori. Perché, allora, dice Massimo Cacciari (Il Fatto Quotidiano del 26 febbraio) «non si coglie l’importanza, niente affatto tattica» di un’alleanza che «si misuri concretamente sui temi caratterizzanti i 5Stelle con proposte magari alternative alle loro, ma tese a rispondere ai medesimi problemi, mostrando con ciò di ritenerli altrettanto e più essenziali…?».

La proposta di Cacciari è seduttiva e giusta nel senso che non possiamo essere contenti della disfatta dei 5Stelle (con conseguente vittoria della Lega) perché sono anche originariamente portatori di istanze legittime (Tav, Grandi Opere, ambiente), ma indirizzata a destinatari sbagliati perché rivolta a una forza politica (il Pd) che ormai si è definitivamente consegnato nelle mani del neoliberismo e che pertanto finirebbe col trascinare in basso le pur tiepide (e sgangherate) proposte innovative dei 5Stelle.

Facciamo due esempi, il cosiddetto reddito di cittadinanza e la rivolta dei pastori sardi.

Il primo, pur dettato da esigenze giuste si è risolto in un guazzabuglio di proposte che, prima o poi, mostrerà la sua totale inconsistenza a «eliminare il problema della povertà», come recitato dal Di Maio; nel migliore dei modi lo cronicizzerà e, purtuttavia resta, simile alla legge approvata dal governo di Matteo Renzi e come potrebbe allora il Pd migliorarla se non rinnegando il suo passato prossimo?

Il secondo è un problema annoso che può avere soluzioni solo con alleanze progressiste in ambito europeo dove le politiche liberiste impediscono la difesa dei pastori esposti ai capricci del mercato. La stessa cosa dicasi per la Tav e le Grandi Opere o la questione ambientale dove il Partito democratico ha espresso più che chiaramente da che parte si schiera.

Il Pd spera, come unica salvezza politica, di recuperare i voti dei delusi del M5Stelle (una sorta di gara tra gli sconfitti), ma perché dovrebbero farlo se a deluderli sono state proprio le politiche del Pd che hanno inseguito le mode tardo-liberiste e il mito di uno sviluppo che non sarà mai più quello degli anni Sessanta?
Cosa li dovrebbe far ricredere se il Pd è tenacemente deciso nel perseguire queste derive? Semmai, tendenza sempre più acclarata nelle votazioni nazionali e no, sceglieranno di non votare, lasciando il terreno libero a Salvini e alle sue istanze sovraniste, xenofobe, nazionalistiche e securitarie.

Il «dibattito politico» Giacchetti-Martina- Zingaretti non appassiona molto, non scuote le nostre passioni politiche, è un film che abbiamo già visto tante altre volte e che non porterà a nessun cambiamento radicale, ma soprattutto da qui non potrà mai partire un dialogo, se non per fini tattici, con i 5Stelle che, proprio perché tattico, rallenterebbe solo la fine di entrambi sotto il bombardamento della destra. Semmai la proposta di Cacciari dovrebbe essere indirizzata a quanto c’è a sinistra del Partito democratico per la creazione di una nuova sinistra alternativa al Pd che veda l’unione di tutte le forze radicali e antiliberiste, pentastellati compresi.