«Questi gruppi esistono da sempre, oggi gli diamo tutta questa attenzione perché si riuniscono a Verona ma sono gli stessi delle Sentinelle in piedi o del Family day. Sono quelli che pensano che ogni diritto riconosciuto a qualcun altro sia un diritto tolto a loro. Da qui la difesa della famiglia naturale, come se poi davvero esistesse, fatta come se fosse sotto attacco la famiglia fondata sulla coppia eterosessuale. E’ un po’ come un tempo si definivano alcuni bambini illegittimi per difendere la famiglia legittima».

Sociologa, Chiara Saraceno guarda con preoccupazione al Congresso mondiale delle famiglie che si apre venerdì a Verona. «Sarebbe quasi da non prenderli in considerazione, se non fosse che ultimamente queste posizioni hanno un grande ascolto e popolarità nei governi più reazionari. Sono molto amati non tanto e solo da chi è contrario alle coppie omosessuali, ma da chi è contrario a ogni diritto civile, di libertà, di opinione».

Colpisce che questi gruppi abbiano per la prima volta un palcoscenico così visibile.
Ma glielo abbiamo dato noi, perché fino a quando hanno fatto le loro cose in Ungheria o in Moldavia non si è saputo. Invece sulla loro pagina web dicono di essere stati invitati dal vicepremier Salvini. Non so se sia vero o no, comunque nessuno li ha smentiti. In più c’è stata la vicenda della sponsorizzazione della presidenza del consiglio che pare sia stata ritirata. Preoccupa l’avallo politico dato da una parte del governo che, pur essendo minoritaria, è quella che comanda, al punto da aver imposto un proprio ministro per la famiglia il quale è un grande sponsor del congresso. In più stanno sempre lì che difendono la famiglia naturale ma li vedessi mai fare qualche proposta seria di sostegno alle famiglie. Niente. L’unica cosa che gli viene in mente è che bisogna aiutare le mamme a stare a casa.

La famiglia tradizionale è sempre stata un cavallo di battaglia esclusivo della destra. E’ stato anche questo un errore della sinistra?
Questo era vero fino a dieci, quindici anni fa. Quando io ho cominciato a occuparmi di questi temi dicevo che in Italia c’era stato una specie di patto di Yalta, per cui del lavoro si occupava la sinistra e della famiglia si occupava la destra. Già negli anni ’70, un po’ sotto lo stimolo del movimento delle donne, la sinistra ha dovuto abbozzare alcune proposte. Poi sicuramente quando è stata ministro per gli Affari sociali Fernanda Contri con il governo Ciampi alcune politiche sono state fatte anche se mai abbastanza, perché arrivavano sempre di rimessa. E poi naturalmente c’è stata tutta la stagione dei diritti civili. Anche recente. Quello che imputo alla sinistra è che non ha mai fatto davvero delle serie politiche per la famiglia, salvo la breve stagione quando ministro fu Livia Turco che raccattò un po’ di finanziamenti per gli asili nido.

Dagli anni ’70 a oggi le trasformazioni della famiglia sono state notevoli, ne cito solo alcune: divorzio, unioni civili e poi le famiglie arcobaleno.
Ma le trasformazioni ci sono state anche all’interno della stessa famiglia, basti pensare che oggi la maggioranza dei bambini in età prescolare ha una mamma che lavora, oppure al fatto che molti padri, soprattutto se giovani, non pensano più che la cura dei bambini non li riguardi. Non parliamo poi dell’invecchiamento delle parentele, altro argomento su cui la politica ha riflettuto poco. Si parla sempre del fatto che l’invecchiamento della popolazione uccide il welfare, ma non si considera che sta anche sovraccaricando le reti familiari.

Le conquiste degli anni passati oggi però vengono messe in discussione.
Vengono messe in discussione da questi signori che si trovano a Verona e sicuramente anche dal nostro ministro degli Interni e dal nostro ministro della Famiglia. Non credo però che avranno il coraggio di cancellare delle leggi. Semplicemente fermeranno il percorso, lo renderanno più difficile, e questo anche con il linguaggio . Oggi una parte della popolazione si sente autorizzata a offendere il papà o la mamma di un bambino solo perché certe espressioni omofobe fanno ormai parte del discorso pubblico.

Gli organizzatori del congresso si difendono dalle critiche affermando che loro vogliono solo parlare di politiche per la donna.
Già quando uno parla della donna al singolare mi fa venire un po’ di rabbia. Presuppone l’idea che le donne abbiano tutte gli stessi desideri o gli stessi doveri e che se venissero aiutate starebbero volentieri a casa loro a curare i bambini.

E infatti viene proposto un reddito di maternità.
Sono meccanismi che rischiano di impoverire le donne. I figli stanno a casa a lungo ma non hanno bisogno di essere curati a oltranza. Allora chi è rimasta a casa, magari sostenuta da un reddito, che possibilità avrà di ritornare sul mercato del lavoro o di avere una pensione adeguata? Nessuna. E per di più produrrà ulteriore diseguaglianza, perché le donne con un’istruzione non rinunceranno a lavorare, mentre le altre invece di essere incoraggiate a formarsi vengono spinte a stare a casa, sempre più dipendenti da un uomo che spesso, dal punto di vista economico, non ce la fa neanche lui. Il risultato è che nel medio lungo termine, quando quel reddito sarà finito, le famiglie impoveriranno.