Ha vinto Joe Biden. Meno male che ha vinto Biden. Ma chi è questo Biden?

Alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta in questi ultimi cinque giorni «vinciamo noi». Tutte abbassate, eh? La frenesia ha fatto scordare che i candidati erano due, un momentaneo blackout provocato dall’effetto plebiscito: si votava pro o contro Trump, il resto dopo. Oggi si cambia. «Noi il popolo» torna a essere «loro i democratici». Il quarantaseiesimo presidente degli Stati uniti sarà il leader di una nazione spaccata in due metà quasi uguali (73,8 milioni di voti contro 69,3), in cui le divisioni di classe e di casta sono esplose in grandi sollevazioni sociali.

COME GUIDA C’È BIDEN, una vita nel cuore del sistema bipartitico, un approccio democristiano che consiste nell’adattamento delle opinioni alla contingenza, l’inseguimento del centro come imperativo. L’esatto contrario di Donald Trump, c’è chi sostiene che per questo fosse il candidato ideale, altri pensano che sia persa per sempre l’occasione di candidare Bernie Sanders e provare davvero la svolta. In soli quattro anni Trump ha smascherato le contraddizioni della politica statunitense, sposandone una parte nel modo più radicale – sguaiato, mendace, feroce, ma radicale – e rivoltando il quieto calderone di ingiustizie che sobbolle negli Stati uniti. Alla Casa Bianca, Biden arriva trasportato dall’ondata sollevata da Trump: una volta candidato – i vicepresidenti uscenti lo sono quasi sempre – ha solo evitato di commettere gravi errori. E ora è lì.

OLTRE AL PRESIDENTE, queste elezioni hanno nominato senatori e deputati e celebrato referendum. In Florida ha vinto Trump, ma il salario minimo sale a 15 dollari l’ora. In Indiana è passato un referendum per finanziare le scuole pubbliche. In Arizona stanziano 1 miliardo di dollari per le scuole statali. A Portland, Maine è passato il calmiere per gli affitti, una norma contro la sorveglianza facciale e norme ambientali che somigliano al Green new deal, bandiera di Bernie Sanders.

A Boulder, Colorado sono state istituite tasse per i proprietari immobiliari che finanzieranno gli sfrattati, e nell’intero Colorado è stata bocciata la restrizione dell’aborto e approvate le aspettative per maternità. In Oregon i grandi patrimoni saranno tassati per finanziare asili-nido. South Dakota, Montana, Arizona e New Jersey hanno legalizzato la marijuana. A Chicago, San Louis, Orlando e Los Angeles sono stati eletti procuratori riformisti. È stata eletta in blocco «The Squad», battagliera pattuglia di deputate «socialiste» Ocasio-Cortez, Omar, Pressley e Tlaib, e un’altra ventina deputati della stessa piattaforma. A Los Angeles sarà proibisco attingere al bilancio del sociale per pagare carceri e polizia.

Nelle urne è successo qualcosa. C’è una domanda di politiche progressiste. Le risposte contenute nella campagna elettorale di Biden sembrerebbero confortanti. Quelle della sua storia politica infinitamente meno.

UN ESEMPIO? Joe Biden deve molto al Covid 19 e alla terrificante gestione di Trump, in cui un quarto di milione di americani sono morti e decine di milioni ridotti in povertà. Ma è stato proprio lui l’alfiere dell’opposizione a Medicare for all, la riforma della sanità che tagliava le unghie alle assicurazioni.

«Se Medicare for all arrivasse in senato, metterei il veto», ha detto Biden. Poi il Covid, i morti, la crisi. E gli 11 milioni di immigrati illegali? Ocasio-Cortez ha già iniziato a criticare l’approccio verso i latinos. E fu celebre la dichiarazione di Biden, in giugno, a una cena per ricchi finanziatori al Carlyle Hotel di Manhattan: «Se sarò eletto, fondamentalmente non cambierà niente».

È possibile che il presidente Biden diventi un Bernie light, e invece di bombardare matrimoni in Pakistan, dare la caccia a Edward Snowden in tutto il mondo o reprimere Occupy Wall Street, come ha fatto da vice di Obama, si dedichi alla redistribuzione della ricchezza. Ciò che è certo è che lo aspetta quel movimento che Trump ha provocato.

UN ATTIVISTA di mille battaglie come Anthony ’Van’ Jones, avvocato e scrittore con incarichi di governo per Obama, era alla Cnn quando l’anchorman Wolf Blitzer ha annunciato la breaking news dell’elezione di Biden. È scoppiato a piangere in diretta. «I cant’t breathe, Non posso respirare… Non era solo George Floyd – ha detto -. A molta gente sembrava di non poter respirare».