È capitato a tutti. Ritrovarsi in buchetta un «avviso di giacenza» per una raccomandata. Spesso però ci si accorge che all’ora indicata per la mancata consegna qualcuno in casa ci fosse e allora viene il dubbio che Poste Italiane facesse apposta a non consegnare le raccomandate.

Un dubbio che ora è stato certificato dall’Antitrust che dopo una lungo procedimento ha multato Poste Italiane proprio per questo motivo.

L’ANTITRUST HA APPLICATO il massimo della sanzione prevista: ben 5 milioni chiudendo una istruttoria sulla «mancata consegna» di raccomandate lasciando un avviso di giacenza «nella cassetta postale anche quando sarebbe stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario».

E per «l’estrema gravità e frequenza della pratica ed i notevolissimi danni arrecati ai consumatori – sottolinea l’Autorità garante della concorrenza e del mercato – la sanzione è stata irrogata nella misura massima».
In sintesi l’Antitrust contesta che la «mancata consegna di raccomandate» smentisce «tempistica e certezza enfatizzate nei messaggi pubblicitari», una «promozione risultata ingannevole»: è il presupposto per una sanzione per pratica commerciale scorretta che l’Authority avrebbe voluto ben più salata: una multa da 5 milioni – sottolinea nel comunicato – «non risulta deterrente» per una azienda con un fatturato che nel 2019 ha sfiorato i 3,5 miliardi.

I «DANNI» CONTESTATI a Poste vanno ben oltre «l’inammissibile onere a carico dei consumatori costretti a lunghe perdite di tempo e di denaro per poter ritirare le raccomandate non diligentemente consegnate», per l’Antitrust vanno considerati anche i «gravi danni al sistema giustizia del paese per i ritardi dovuti ad errate notifiche nell’espletamento dei processi, soprattutto quelli penali, con conseguente prescrizione di numerosi reati».

Un tema che – si spiega – è stato più volte sollevata nelle Relazioni annuali sullo stato della giustizia. La serietà del problema testimoniata dalla sistematica performance negativa dell’efficienza delle consegne. Poste aveva per il 2019 «un obiettivo nazionale mensile di inesitate (non consegnate) superiore al 20% sempre superato per circa il 3-5%».

L’Agcm contesta anche le pratiche con cui le Poste hanno gestito il problema. La società si sarebbe limitata a predisporre una lettera standard di riscontro ai reclami sull’emissione dell’avviso di giacenza nonostante la presenza in casa del destinatario, che si limita a ribadire la regolarità del recapito. E in caso di reclami reiterato si sarebbe limitata a «meri richiami» ai funzionari locali per il «ripristino della procedura corretta».

Una prova a campione condotta tra il 12 e il 22 gennaio 2020 ai centri di distribuzione di Napoli Meridionale, Matteotti, Mergellina, Vomero, Soccavo e Agenzia esterna Gsp confermerebbe la sistematicità della «non consegna» delle raccomandate. «In un significativo numero di casi – scrive l’Agcm – i prodotti risultati inesitati da consegnare presso lo stesso indirizzo riportano sotto la casella dedicata alla “data dell’avviso di giacenza”, lo stesso giorno e lo stesso orario, con grado di precisione al secondo, di stampa dell’avviso». Una coincidenza singolare che si sarebbe ripetuto per 3mila consegne in 10 giorni.

È ALTRETTANTO DURA LA REPLICA di Poste che ritiene «inaccettabili» alcune osservazioni dell’Antitrust e, in particolare, giudica «sconcertante il riferimento a gravi danni al sistema giustizia del paese». Per l’azienda guidata dall’ad Matteo Del Fante è poi difficile da digerire l’accenno dell’Antitrust a disagi per i clienti durante il lockdown: il lavoro nell’emergenza Covid-19 «in ogni zona del paese» è un impegno che Poste «rivendica con orgoglio». Quanto agli avvisi di giacenza l’azienda calcola che nel 2019 i reclami sono stati pari allo 0,00008% su 120 milioni di raccomandate: mille reclami, una incidenza considerata «del tutto fisiologica». Sullo sfondo c’è anche il tema dei confini di competenza con l’Authority di settore: per Poste l’assenza «di condotte anomale nel servizio di recapito delle raccomandate» è stata «ripetutamente e formalmente» confermata anche dall’Autorità per le Comunicazioni.

Da Poste è in arrivo un ricorso al Tar.