La strage degli orsi non fa più notizia. Nelle scorse settimane, l’annegamento di un’orsa e di due cuccioli in Abruzzo ha trovato ben poco spazio sui media nazionali. Lo stesso silenzio, qualche giorno dopo, ha accompagnato la fine di uno dei pochi orsi friulani, abbattuto dopo aver traversato il confine con la Slovenia.
L’orso Elisio, un maschio di sei anni e di 130 chili di peso, è nato in Slovenia, ma ha trascorso anni nella Carnia. Un radiocollare consentiva ai ricercatori dell’Università di Udine di seguire i suoi spostamenti in diretta.

Non sappiamo quando Elisio ha traversato per l’ultima volta il confine. Il 26 novembre, però, è stato abbattuto da una fucilata a Senožece, nel Carso. Nel 2007, nello stesso modo, era stato ucciso l’orso Bepi, di 4 anni.

Formalmente non si tratta di un crimine. In Slovenia gli orsi sono più numerosi che da noi e vengono cacciati con un sistema di controlli. Nessuna regola dell’Unione Europea, purtroppo, dà uno status speciale agli animali che, come Elisio, traversano regolarmente il confine.

Non c’è dubbio, invece, che la morte dei tre orsi in Abruzzo, scoperta il 16 novembre, sia stata un atto di incuria gravissima, e probabilmente criminale.

Nell’Appennino, da decenni, centinaia di bacini e cisterne trattengono in superficie l’acqua piovana e del disgelo, e permettono di allevare mucche e cavalli.
Nessun altro manufatto, però, è pericoloso come la vasca delle Fossette, con i suoi muri verticali di quattro metri che impediscono a uomini o animali caduti di uscire. Nel 2010, nella vasca, sono annegati un’orsa e il suo cucciolo. Il Parco ha ordinato ai proprietari di eliminare il pericolo, ma non è stato fatto nulla.

Tre settimane fa, a otto anni dal primo annegamento, un’orsa e i suoi due cuccioli hanno fatto la fine dei primi due. Se si pensa che gli orsi marsicani sono al massimo 50, e che a garantire la sopravvivenza della specie sono 10-12 femmine in età fertile, si capisce che la vasca è costata la vita a un decimo della popolazione.
Rende più dolorosa la perdita sapere che la vasca-killer appartiene agli eredi di Erminio Sipari, che è stato il primo presidente del Parco.

Dopo il secondo annegamento, l’Ente Parco si è dato da fare rapidamente. La vasca, nella Zona di Protezione Esterna, è stata svuotata e circondata da una recinzione elettrificata, uguale a quelle usate per difendere alveari e frutteti.

Nei giorni successivi, però, le foto di alcuni escursionisti hanno mostrato che si tratta di una soluzione provvisoria. Il filo elettrificato è a 80-90 centimetri da terra, dopo una nevicata (siamo a 1800 metri) potrebbe addirittura sparire. Occorre un intervento più incisivo.

Le cose sembrano andare avanti. Il Comune di Villavallelonga ha ordinato ai proprietari di mettere in sicurezza la vasca, l’Ente Parco ha immediatamente autorizzato l’intervento. Il bel tempo permette di agire. Non resta che attendere.

Se le tragedie della Fossetta sono state causate dall’incuria, gli ultimi orsi italiani sono stati colpiti anche dal bracconaggio. Nel 1987 hanno fatto scalpore le foto, pubblicate dal mensile Airone, che mostravano un orso ucciso dai lacci piazzati per la caccia di frodo al cinghiale, e la pelle di un altro plantigrado ucciso da una scarica di pallettoni.

I due orsi delle foto erano stati uccisi dai bracconieri nel versante del Parco rivolto verso il Fucino, come la vasca delle Fossette. Nel 2007, nella medesima zona, dei bocconi avvelenati hanno ucciso alcuni lupi e due orsi. Uno di questi era Bernardo, il primo plantigrado d’Abruzzo che si avvicinava regolarmente ai paesi.
Da allora lo Stato e le Regioni dell’Appennino hanno firmato il PATOM, il Piano d’Azione per l’Orso Marsicano. Un documento importante, che è rimasto lettera morta o quasi. Oltre alla vasca delle Fossette, continuano a uccidere orsi le statali Marsicana e delle Cinque Miglia, dove la velocità non è controllata.
Sembrava (e per certi versi è) migliore la situazione del Trentino, dove a partire dal 1999 la liberazione di 10 orsi sloveni ha ridato vita a una popolazione locale quasi estinta. Gli animali si sono moltiplicati, e oggi sono circa 50, come in Abruzzo.

A creare dubbi tra ambientalisti e scienziati sono state le catture delle orse Jurka, Daniza e K2J, giudicate troppo «vivaci» dalla Provincia di Trento. La prima è stata catturata e rinchiusa in un recinto, la seconda è stata uccisa da una dose eccessiva di sonnifero, la terza è stata deliberatamente ammazzata.

Nonostante questi eventi, la situazione degli orsi rimasti in Trentino è infinitamente migliore di quella degli esemplari che hanno traversato il confine. I primi plantigradi arrivati in Alto Adige e in Baviera sono stati ammazzati a fucilate. In Lombardia, gli ultimi avvistamenti nel bresciano sono stati bene accolti dalla popolazione locale.
Zoologi e ambientalisti, però, raccontano che, una quindicina di anni fa, il primo orso a uscire dal Trentino verso ovest sia stato ammazzato, e poi mangiato in un inquietante banchetto. Ci auguriamo che sia solo una leggenda. Ma è una storia che aiuta a ricordare che la sopravvivenza dell’orso in Italia è appesa a un filo sottile.