Mentre non si placano le polemiche sull’espulsione dal Movimento 5 Stelle di Gianluigi Paragone, al quale ha espresso solidarietà una figura ingombrante come Alessandro Di Battista, si apprende che altri due parlamentari grillini hanno deciso di passare al gruppo misto.

Si tratta dei deputati Gianluca Rospi e di Nunzio Angiola, che se ne vanno polemizzando coi vertici e colla carenza di democrazia interna e ci tengono a precisare che la loro vicenda non ha nulla a che vedere con l’espulsione di inizio anno e con le dimissioni di Fioramonti, anche se Angiola nei giorni scorsi aveva espresso solidarietà all’ex ministro dell’istruzione e della ricerca. «Il mio dissenso – spiega – non deriva da un mio personale cambiamento di opinioni, ma dalla presa d’atto che, chi più chi meno, i vertici del M5S hanno preferito trincerarsi in una chiusura pregiudiziale nelle proprie granitiche convinzioni». Angiola, economista e docente universitario, contesta in particolare «l’approvazione di provvedimenti che, nella mia qualità di professore ordinario, non potevo assolutamente accettare e cito in particolare l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la ricerca»

Sulla stessa linea di critica ai vertici Gianluca Rospi, che è stato presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Matera e che era l’ultimo degli eletti nei collegi uninominali del M5S ancora rimasto nel gruppo grillino: «Passo al gruppo misto perché non è più tollerabile una gestione verticistica e oligarchica». Rospi cita tra i suoi riferimenti ideali anche il discorso di fine d’anno di Sergio Mattarella, il che fa pensare che anche lui resterà nel recinto della maggioranza che sostiene il governo conte. Anche lui nei giorni scorsi aveva manifestato sostegno a Fioramonti. Sia Angiola che Rospi erano stati eletti nei collegi uninominali, quelli riservati ai candidati della società civile e scelti direttamente dai vertici.

La cooptazione era avvenuta con bollino di Di Maio e anche questa forse è una delle questioni gli verranno imputate dai più critici: la compilazione delle liste in effetti non è riuscita pienamente dal momento che tra i diciannove parlamentari che in questi ventuno mesi di legislatura hanno abbandonato o sono stati espulsi dal M5S per diversi motivi, molti fanno parte della squadra di indipendenti che non doveva essere votata dalla base e che era stata immaginata per arricchire i gruppi parlamentari di esperienza professionale e relazioni con i territori.

A questo punto il caos nel M5S si intensifica. In attesa delle misure annunciate dal «capo politico» nei confronti degli eletti che non hanno rendicontato le spese e restituito parte dello stipendio, si attendono altre defezioni. Dal senato smentisce di volersene andare Emanuele Dessì, uno dei più critici verso Di Maio che si è adoperato per scrivere uno statuto più aperto alle istanze assembleari del gruppo grillino a Palazzo Madama. «Io non esco dal M5S neanche sotto tortura – annuncia Dessì – Il problema non è il M5S ma chi lo gestisce». Gli altri nomi che circolano sono quelli di Massimiliano De Toma e Rachele Silvestri.

Ai dissidenti si rivolge la senatrice Laura Bottici: «Ad ognuno le sue scelte, senza vittimismi o scenate da urlatori, come stiamo vedendo in queste ore – dice Bottici – Chi se ne va, forse, non è mai stato davvero con noi». Il 7 gennaio un vertice di maggioranza a Palazzo Chigi dovrebbe fare il punto sulla situazione, anche se i numeri si assottigliano al senato (dove il M5S ha perso finora dieci eletti), il governo ancora non dovrebbe essere in pericolo. Anche se le defezioni cominciano a pesare su decisioni di rilievo. Accadrà il 20 gennaio, quando la giunta delle immunità parlamentari è convocata per votare l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso della nave Gregoretti. Dell’organismo fa parte l’ex grillino passato alla Lega Francesco Urraro. Proprio il suo voto dovrebbe fare la differenza.