Lei ha vent’anni, Lui sedici. Si sono visti solo poche volte, in estate, nella casa di famiglia. Durante i nove mesi restanti Lei vive nell’isola sperduta più a sud dello stivale italiano, Lui tra le montagne alpine francesi, oltre confine. Sono così lontani che si sentono vicini. Tuttavia vi è un problema, più che oggettivo, genetico: sono cugini di primo grado. I loro genitori sono fratelli, la madre di Lei e il padre di Lui, per questo portano cognomi diversi. Ma sono così giovani che non capiscono queste cose, non ci badano, non le vogliono capire. Capiscono benissimo la pelle che vibra e piange fino a quando non è toccata dalla pelle dell’altro. Capiscono benissimo i brividi mai conosciuti, i sapori salati di posti nascosti nel corpo che comincia a parlare una lingua propria, in dialogo con l’altro. Capiscono benissimo che si sono innamorati e che non lo deve sapere nessuno. Non ne parlano coi fratelli, anch’essi cugini tra di loro. Non ne parlano con gli amici, magari qualcuno li tradirebbe. Non ne parlano quasi nemmeno fra loro. Si mandano lunghissime missive in francese, come se quella lingua fosse foriera del loro segreto. Lui non capisce l’italiano, figuriamoci il siciliano con cui Lei vive, malvolentieri, tra i vicoli, in classe, in mezzo ai furfantelli, obbligati compagni di strada. Intorno le cose cambiano, le case, le mode, le scuole, i parenti stessi.

Loro continuano ad amarsi a distanza, in silenzio, senza telefonate compromettenti, senza promesse, senza inganni. Anno dopo anno, sempre d’estate, sempre coi visi scottati e gli occhi felici, si incontrano e per un mese o due, dipende dai genitori e dagli zii, passano il tempo preferito insieme. Nonostante la acquisita abilità a nascondersi, il vigore ormonale sprizzante tra loro denuncia nella piazza familiare che qualcosa non torna. È il Padre di Lui che dichiara aperto il processo ai ragazzi. È difficile trovare alleati. Vigliaccamente anche i più legati a loro si schierano contro. Nel sentirsi sempre più scespiriani i due si attaccano morbosamente l’uno all’altra, finalmente in pubblico, sotto gli occhi scandalizzati di tutti. Ormai sono grandi: Lui ha ventun’anni, Lei venticinque, per legge sono liberi di fare ciò che vogliono. Ma per la famiglia? Per la famiglia no, quest’unione non s’ha da fare. Per nessun motivo. Nessun voto favorevole, tutti contrari. La notte vengono versate tutte le lacrime del mondo.

Poi Lui propone: scappiamo. Lei sorride. Sapeva di essere in buone mani. Che faranno non se lo chiedono. Non salutano. Non prendono nulla. Vanno via. Per anni nessuno ha più loro notizie. I genitori, gli zii, i fratelli, i cugini, i nonni, tutti in pensiero. Ma, come fossero ancora gli anni Cinquanta hanno tenuto la cosa segreta, dunque non hanno la libertà di avviare ricerche. In Italia non si son visti. In Francia neppure.

Passano gli inverni, passano le estati nella casa amata, tutti sono lì guardinghi come se girando lo sguardo potessero incrociare quello di uno dei due. I grandi assenti. La madre di Lei e il padre di Lui si appartano: siamo stati troppo duri? Avremmo potuto evitare questa disgrazia? L’uomo è intransigente: potrebbero dare vita a una stirpe maledetta. La cugina lo guarda prendendolo per pazzo. Non esageriamo, esistono dei test genetici che si possono fare prima di concepire dei figli. Non ne voglio nemmeno sentire parlare. Invece, come una preveggenza impossibile, qualche giorno dopo, bussano alla porta. Lei, raggiante come un sole dopo un temporale, a braccetto con Lui, e con un fardello incollato al corpo da una stoffa sgargiante. Lei è Eva. Nostra figlia. Vostra nipote. Ma anche cugina di secondo grado o terzo, non so, non siamo riusciti a fare il conto. Ridono. In quel corpicino di energia potente anche l’ombra inutile di un incesto svanisce come un buco nell’acqua.

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