Passata la piccola febbre della obbligata solidarietà ai martiri

di Charlie Hebdo, morti per non aver voluto cedere alle minacce

integraliste, è scattata l’ora dei distinguo e delle prudenti

ritirate. Un coro di personaggi americani ed europei, laici o religiosi, che, pur continuando a

deprecare gli esiti sanguinari della censura a Charlie, avanzano

critiche sempre più nette al giornale per aver “offeso” gli

islamici con le sue irriverenti vignette su Mohamed. E questo

nel cuore di società che dicono di avere a loro fondamento la

libertà di pensiero e d’espressione. Contemporaneamente, nei

paesi musulmani folle oceaniche inneggiano al gesto dei fratelli

Kouachi e del loro complice Coulibaly, considerandoli martiri

di un’azione che avrebbe giustamente punito gli odiati nemici

del profeta.

In questa tenaglia assurda tra la preoccupata moderazione

occidentale e la minaccia planetaria dell’islamismo radicale

si trovano allo scoperto e in pericolo tutti coloro che vogliono

conservare la propria libertà di pensiero e d’espressione, non

solo i satiri e i vignettisti di prima linea, ma anche gli scrittori, i

poeti, i musicisti, i pensatori eretici di ogni scuola e nazionalità.

Il massacro di Parigi è in questo senso uno spartiacque

fondamentale. Prima del 7 gennaio, nonostante le fatwe lanciate

contro Rushdie ed altri “bestemmiatori”, le stragi di cristiani,

yazidi e musulmani di diversa fede in Siria, Irak o Nigeria,

le lapidazioni di donne in Arabia Saudita e Afghanistan, le

condanne a morte per apostasia in Sudan o Pakistan, si poteva

pensare che la sfida islamista fosse circoscritta ai paesi di

tradizione musulmana. Oggi non è più così. Siamo di fronte

a un capovolgimento totale della prospettiva. Tutto il mondo è

coinvolto in una inedita sharia planetaria, che prevede la morte

di chiunque non voglia piegarsi al rispetto verso un profeta

trasformato in una caricatura postmoderna del vero Maometto,

predicatore certo discutibile e anche guerriero, ma che agiva

nei confini di una civiltà medioevale lontanissima dall’attuale

condizione del pianeta.

Questa inversione del rapporto tra Occidente e Oriente,

che capovolge a specchio la colpevole e arrogante visione

coloniale di un mondo diviso tra civiltà e barbarie e considera

barbarie i diritti umani e civiltà il fanatismo religioso, non è

stata ancora pienamente intesa in Occidente. E sembra sfuggita

di mano anche ai promotori originari della visione integralista

dell’Islam che sono i regnanti d’Arabia, ovvero la dinastia

wahhabita dei Saud, e, su un altro versante, paradossalmente

opposto, gli ayatollah sciiti al potere in Iran. Dopo Parigi

infatti ogni illusione ingenua sull’integrazione della cultura

teocratica islamica con la società multietnica e policulturale

contemporanea è venuta meno. Difendere i diritti universali

della persona è diventato impossibile se non si combatte la

predicazione dell’obbedienza alle regole che un Dio astratto e

crudele impone alla vita di tutti. Per questo il moderatismo di

tanti commentatori è imbelle e preoccupante quanto e più del

pacifismo degli anni ’30 rispetto all’avanzata del nazismo. Le

esitazioni occidentali e le concessioni a Hitler produssero allora

la Seconda Guerra Mondiale con la infinita scia di sangue che

conosciamo.

Oggi i consigli di prudenza rivolti addirittura ai vignettisti

perché non provochino l’ira islamista, possono avere alla lunga

un risultato anche più tragico. Il diavolo, quando si presenta, va

affrontato e preso per le corna, oppure la sua coda ci trascinerà

tutti in un inferno senza ritorno e forse perfino in un pazzesco

olocausto nucleare. Più presto lo si capirà, meglio sarà anche

per gli apprendisti stregoni occidentali che pensavano di

esportare la democrazia e hanno solo globalizzato con le loro

irresponsabili gesta militari l’incubo terrorista.

Abbiamo scelto di pubblicare l’intervento di Sparagna, direttore di Frigidaire, dal volume «Je suis Charlie» (Sagoma editore) in cui compaiono i contributi dei principali protagonisti della satira italiana (tra gli altri Moni Ovadia, Staino, Vinicio Capossela, Marco Carena, David Riondino, Fabrizio Casalino, Vincenzo Costantino, Collettivo Democomica 32, Alessandra Faiella, Mauro Fratini, Filippo Giardina, Paolo Hendel e Marco Vicari, Luca Klobas, Velia Lalli, Massimiliano Loizzi, Amadeus, Paolo Migone, Maurizio Milani, Flavio Oreglio, Max Pisu, Cochi Ponzoni, Spinoza.it). Il libro sarà presentato domenica 22 alle ore 18.30 nella sala Wolinski al Foro Boario nel corso di «Modena Buk Festival», festival della piccola e media editoria, diretto da Francesco Zarzana, con 100 case editrici, 60 incontri, reading, eventi teatrali.

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