La scena è avvilente, le parole offensive, gli attori imbarazzanti. Parliamo dello spettacolo sulle nomine Rai che sta andando in scena in queste ore sul palco del governo cosiddetto del cambiamento. E dire che il M5S si era reso artefice nella scorsa legislatura di una meritoria, anche se pur discutibile nel dettaglio, proposta di legge per salvaguardare l’autonomia della Rai.

Firmata dall’ex presidente della Vigilanza ed ora terza carica dello Stato Roberto Fico; la cui richiesta oggi di autonomia per l’azienda fa quasi tenerezza di fronte a quello a cui stiamo assistendo. Nella storia della Rai non si era ancora vista una trattativa globale su nomi e poltrone così inelegantemente spartitoria ( forse l’eguale si ebbe nel 2002 con la nomina che portò Baldassarre alla presidenza, ma allora non si parlò di direttori di reti e testate), gestita com’è di fatto dai segretari dei partiti per decidere contemporaneamente su presidenti, direttori generali e direzioni dei telegiornali. Qui non si fa salva nemmeno l’etichetta, non diciamo il diritto che vorrebbe queste ultime di competenza del cda e del direttore generale, con una lottizzazione che mai si era manifestata con una tale e plastica evidenza, e senza reticenza alcuna.

Le parole del vicepremier Salvini che dice di voler procedere al casting dei possibili candidati (e a che titolo, visto che le competenze sono di altro ministero e i direttori delle testate li sceglie il cda? ) e che sostiene che i dirigenti di enti statali si devono mettere a disposizione del governo, fanno semplicemente rabbrividire: sono espressioni che dovrebbero trovare da parte della pubblica opinione e del mondo dell’informazione una risposta netta ed immediata.

Tutto quanto sta accadendo intorno alla Rai appare sempre di più come una volgare esibizione di potere, forse non nuova nella sostanza di un tradizionale spoil system, ma certamente inedita nella forma e nella sfrontata muscolarità.

Non solo Salvini, anche Di Maio appare come travolto da un delirio d’onnipotenza e di parola che gli fa velo con la bolsa propaganda all’esigenza di porsi una qualche domanda, a proposito della Rai, del tipo «ma cosa stiamo facendo?».

Vediamo come andrà a finire, ma non ci si può esimere di fronte a quanto appare sinora dal dire che, nonostante i Mimun, i Minzolini, i Del Noce, i Saccà, i Paragone, le Moratti, i Baldassarre o gli Anzaldi del passato, a questo punto non eravamo ancora giunti.

Proprio perché crediamo che i suoi appelli siano sinceri alzi Fico ancor più forte la sua voce, batta i pugni sul tavolo, intervenga con l’autorevolezza della sua postazione istituzionale, per imporre uno stop a questa scadente pantomima di potere.

E perché no, intervenga anche Mattarella se necessario, come fece Ciampi, per ristabilire una misura che, in nessun caso come per la vicenda di viale Mazzini, ad oggi pare pericolosamente colma.