Nata poco più di cinque anni fa, la Rete della Conoscenza è un sindacato studentesco che coordina le attività degli studenti medi dell’Uds e di quelli universitari del coordinamento Link. Ieri nell’aula magna della facoltà di ingegneria della Sapienza a Roma è iniziata la sesta assemblea nazionale dove centinaia di studenti delegati eleggeranno, tra l’altro, il nuovo o la nuova portavoce.

Con quello uscente, il triestino Riccardo Laterza, ripercorriamo la storia, breve e intensa, che ha portato il nucleo più numeroso del sindacalismo studentesco a staccarsi dai sindacati tradizionali, inaugurando un percorso indipendente.

«Cinque anni fa eravamo a Terni – ricorda Laterza – e decidemmo di inaugurare questo percorso dalle ceneri delle organizzazioni giovanili dei partiti di sinistra e a partire da nuove forme di partecipazione alla politica come i comitati studenteschi antimafia e anticamorra o le primordiali forme di organizzazione sindacale regionale dell’inizio anni Novanta».

Con il tempo è stata trovata una nuova sintesi e sono stati costruiti ponti, anche culturali, con la generazione che fondò Libera nel 1995 o con quella che partecipò al G8 a Genova. Subito è arrivato il battesimo del fuoco. La Rete della Conoscenza ha partecipato alla seconda ondata della protesta contro la riforma universitaria Gelmini nell’autunno 2010.

Quella generazione che aveva iniziato con l’Onda nel 2008, incontrando altre esperienze studentesche con eredità teoriche e politiche diverse, costruì il motore dell’ultimo biennio felice dei movimenti italiani che portò nel 2011 alla vittoria del referendum sull’acqua pubblica.

Oggi questi ragazzi tra i 20 e i 25 anni si sentono in un deserto. Lo vedono, lo subiscono, non vogliono rassegnarsi. Hanno preso una frase del Il piccolo principe: «Ciò che rende bello il deserto è che da qualche parte nasconde un pozzo» e l’hanno usata come slogan per un’assemblea a cui parteciperanno la Cgil, Fiom, Flc-Cgil, Sbilanciamoci, Legambiente, l’Arci con la sua presidente onoraria Luciana Castellina, una delle più recenti realtà dell’auto-organizzazione del lavoro autonomo come gli avvocati di Mga e della coalizione 27 febbraio.

Questa Rete vuole agire in coalizione, si riconosce nella «convergenza delle lotte», un concetto ribadito con forza dal movimento Nuit Debout in Francia contro il Jobs Act di Hollande e dei socialisti. Impresa non facile, oggi in Italia, in una società frammentata, dalle passioni tristissime.

«Cerchiamo di aprire spazi nuovi di sindacalizzazione e politicizzazione – spiega Laterza – lo abbiamo fatto con lo sciopero sociale nel 2014, proviamo a farlo con il difficile percorso della Coalizione sociale. Non ci serve una coalizione del sociale, di chi è già organizzato in questa società; un meccanismo che replica dinamiche ad oggi improduttive e non espansive. Ci serve meno attitudine all’alleanza e più attitudine alla confluenza tra iniziative diverse che possono trovare un punto di convergenza nel nodo del potere e della democrazia».

La Rete si è fatta promotrice di alcune battaglie contro il lavoro gratuito, vera piaga generazionale, e non solo. La campagna “Mi riconosci?” ha risollevato il caso nel campo dei beni culturali dove fioccano gli scandalosi bandi del ministero. Oltre al diritto allo studio, per il quale sta raccogliendo le firme per una legge di iniziativa popolare («All In», si chiama la campagna), gli universitari si occupano degli specializzandi in medicina, dei praticanti tra gli avvocati, raccolgono le firme per il referendum contro la «Buona scuola» per abrogare le assurde norme sull’alternanza scuola-lavoro.

Parla la generazione nata negli anni Novanta, quella che sa bene che non basterà «lavorare fino a 75 anni» per avere una pensione. Quella che conosce la necessità di una riforma radicale del welfare a partire da un reddito di base. La Rete della Conoscenza sostiene uno strumento definito in Italia «un’utopia concreta». «Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera dice che non possiamo che ci stanno rubando il futuro perché ancora non ce lo stiamo guadagnando – continua Laterza – Ci sta dicendo che la colpa è nostra, che siamo noi a non essere ancora sufficientemente piegati a una dimensione del lavoro, quando c’è, senza diritti».

Il punto è che nella Repubblica fondata sui voucher si lavora, eccome, ma senza contributi, reddito e tutele. Il baco è del sistema, non degli individui. Per tenere i conti in ordine, sta sacrificando milioni di persone, a partire dai più giovani. Il governo è impotente rispetto a una contraddizione epocale. Anzi «ha un’idea ottocentesca di lavoro e impresa. Rottama i diritti dalla nascita alla morte – conclude Laterza – Ci vorrebbe rassegnati o impauriti. La verità è che siamo profondamente incazzati».