Come Valerio Mastandrea in «Tutta la vita davanti» rincorreva le telefoniste del call center così Marco Sala nel 2005 faceva con steward e hostess di Ryanair. «Lavoravo alle rampe all’aeroporto di Orio al Serio e a fine lavoro distribuivo biglietti da visita del sindacato europeo dei trasporti, Etf, che invitavano i lavoratori ad organizzarsi nei sotto aereo».
Chi meglio di lui – ora segretario della Filt Cgil di Bergamo – può spiegare perché nessun lavoratore della compagnia irlandese sia iscritto ai sindacati e perché nemmeno oggi piloti e dipendenti non si mettano assieme per rivendicare diritti e salari decenti nei giorni in cui lo scandalo Ryanair è sotto l’attenzione di tutti? «Già al tempo nei contratti era fatto divieto esplicito di iscriversi ai sindacati, il clima di paura era fortissimo. Appena ti vedevano da noi o chiedevi qualche miglioramento, ti spostavano e ti spostano nelle basi più lontane: Romania, Norvegia. In più nella compagnia c’è sempre stata una netta separazione tra piloti e assistenti di volo e non hanno mai avuto personale di terra nè uffici amministrativi. Quei pochi che, disperati, sono venuti a chiederci aiuto avevano bisogno di capire norme contrattuali e fiscali irlandesi. I piloti invece hanno fatto una class action sempre in Irlanda con un loro avvocato senza volere contatti con il sindacato».
Orio al Serio da qualche anno è un aeroporto quasi esclusivamente Ryan Air. Vi fanno «base» circa 170 steward e hostess. «Devono essere reperibili e quindi avere casa entro 50 chilometri da Bergamo ma molti sono stranieri e nessuno della città, avvicinarli fuori dal lavoro è impossibile», spiega Sala. Quanto all’oggi «la speranza è che il bubbone Ryanair che sta esplodendo, e che noi conosciamo benissimo e faticavamo a denunciare anche alla stampa, porti ad un ripensamento di un modello che ha abbassato in modo vergognoso l’asticella dei diritti dei lavoratori. Easy Jet e Norwegian sono sempre compagnie low cost ma rispettano i sindacati e sottoscrivono i contratti», conclude Sala che nell’armadietto conserva ancora i biglietti da visita del 2005.
Quando nel 2016 Ryanair fu per la prima volta convocata dal ministero dei Trasporti per discutere di rispetto della tutela delle maternità e delle normative sulla sicurezza, la compagnia di Micheal O’Leary rispose con una lettera in cui annunciava che non si sarebbe presentata al tavolo semplicemente perché «non riconosceva le organizzazioni sindacali». Per quel motivo la Fit Cisl organizzò uno sciopero – replicato il 23 febbraio 2017 – e per tutta risposta Ryanair fece un comunicato in cui annunciava alla stampa «la piena operatività dei suoi voli perché nessuno dei suoi dipendenti avrebbe aderito allo sciopero. Così accadde. «Da quel giorno però siamo riusciti ad entrare in contatto con molti assistenti di volo – racconta Emiliano Fiorentino, segretario nazionale della Fit Cisl – . Questo è un momento delicato, stiamo facendo un lavoro di sensibilizzazione su ragazzi che hanno spesso 22-24 anni. Contiamo di riuscire ad ottenere qualche risultato a breve», confida.
«Noi abbiamo provato a sindacalizzare quelli di Ryanair in tutti i modi, ma non ci siamo riusciti – racconta Francesco Staccioli, responsabile nazionale del Trasporto aereo Usb – . La colpa di questa situazione è in gran parte di Enac e governo che hanno chiuso volutamente gli occhi davanti al mancato rispetto delle più elementari regole. Un lassismo di Stato che ha scambiato l’intero trasporto aereo per il modello low cost», denuncia.