Una protesta speciale, quella dei braccianti Sikh della provincia di Latina: qualche settimana fa hanno scioperato e sono scesi per la prima volta in piazza per rivendicare migliori condizioni di lavoro, visto che la raccolta dell’Agro pontino non ha nulla da invidiare, in quanto a sfruttamento, a quelle pugliesi o calabresi. Ieri alla presentazione del Terzo Rapporto su Agromafie e Caporalato hanno preso la parola due di loro. Sohi Hamjot Singh, in particolare, ha spiegato che mentre tanti braccianti erano impiegati nello sciopero, «i caporali organizzavano i pullman con alcuni sostituti. Ma noi non abbiamo ceduto».

Dalle 10 alle 12 ore di lavoro al giorno per una paga oraria di 3, 4 o anche soltanto 2 euro, in nero o con buste paga false: le tariffe riservate da tanti imprenditori pontini ai lavoratori di origine indiana Sikh (per lo più provenienti dal Panjiab) sono assolutamente criminali. Vengono impiegati come braccianti, nei campi e nelle serre, o come mungitori.

Si tratta, spiega la Flai Cgil, di una comunità di circa 30 mila persone concentrate per lo più nell’area tra Latina, Sabaudia e Terracina. Chi non dorme in alloggi di fortuna, in serre o stalle, abita a Borgo Hermada, a Bella Farnia, a Sabaudia. A Bella Farnia, in un residence con villette a schiera vivono oggi circa 1000 indiani. C’è il campetto da calcio, il negozio di alimentari con prodotti indiani, ci sono le case affollatissime il cui affitto è circa 500 euro al mese. A Sabaudia c’è anche un tempio Sikh: luogo di culto e di socializzazione, ma aperto anche a chi vuole offrire assistenza e informazione. La Flai Cgil è infatti presente con un banchetto.

I viaggi per raggiungere l’Italia avvengono tramite intermediari che in cambio di 5 mila/7 mila euro promettono un contratto. Quando arrivano l’illusione dura solo qualche mese, poi il ricatto costante giocato sul rinnovo del permesso di soggiorno.