Cara Norma,
ho letto il tuo editoriale, «La sinistra del piccolo mondo antico» mentre ero in viaggio. Ieri siamo stati a Roma per presentare, col nostro senatore Mantero, il disegno di legge antidelocalizzazioni scritto dalle operaie e gli operai Gkn col contributo di giuristi solidali. A illustrare tecnicamente il progetto di legge c’era Marzia Pirone, una delle «autrici» della traduzione in legge della volontà operaia. Marzia ha appena concluso la campagna elettorale per le amministrative a Napoli, dove è risultata la seconda più votata della lista di Potere al Popolo.

Nell’ultimo anno e mezzo, a partire da quella tragica primavera del 2020, durante la prima ondata della pandemia, lei con altre compagne e compagni di PaP, tra cui altre redattrici e redattori del testo, ha animato il Telefono Rosso, una struttura di supporto alle tante e tanti che ci chiamavano per denunciare il mancato rispetto delle misure di sicurezza o delle procedure relative al lavoro da casa, alla Cig e quant’altro. Da quell’esperienza è venuto fuori gran parte del sostegno «tecnico» alla proposta operaia di oggi.

Perché ti racconto tutto questo? Perché di tutto questo non c’è traccia nel «piccolo mondo antico» o nei «4 amici al bar», espressioni con cui liquidi praticamente chiunque non abbia fatto la scelta di continuare ad esistere solo come costola più o meno progressista del centrosinistra.

Del resto lo dici in premessa: la tua critica non ricade su Sinistra Italiana (costitutivamente disponibile ad accordi col Pd), né su Coraggiosa (in maggioranza in Emilia Romagna col Pd), né su Adesso Trieste, esperienza positiva e interessante di lista di sinistra alle ultime amministrative, che però ha appena dato indicazione di voto per il candidato di centrosinistra.

Insomma ci pare di capire che l’unico orizzonte politico degno di nota è quello accanto, all’ombra del Pd; detto dalla direttrice di un quotidiano che da 50 anni si definisce «comunista» e si colloca, quindi, teoricamente sul piano della rottura con l’esistente, suona non strano, ma molto triste.

Parlarti delle attività delle nostre Case del Popolo, del lavoro di Aurora Trotta consigliera a Livorno, di quello che faranno i 4 eletti a Napoli e i 3 a Bologna, del percorso che stiamo portando avanti da soli da 4 anni, non credo servirebbe a farti cambiare idea.

Ci chiediamo allora, e chiediamo a te, alla redazione, alle lettrici e ai lettori del manifesto: ha ancora senso, per voi, la trasformazione radicale dell’esistente? Esiste la consapevolezza che questa implichi un percorso duro, faticoso, solitario come mai forse è stato, in questo Paese? Vale la pena percorrerlo, sbagliando, sbagliando ancora, sbagliando meglio, come proviamo a fare, oppure anche voi ci invitate a seguire la via della conciliazione, a «sdrucciolare nel pantano»? Parliamone.

Perché se la nostra ostinazione è un «piccolo mondo antico», il vostro invito è ancora più vecchio.

Spero davvero che sul tema si possa aprire un dibattito franco, ed è per questo che ho deciso di scriverti.

Leggi anche la risposta di Norma Rangeri