Trump insediato alla Casa Bianca potrebbe cambiare il senso comune nei confronti dell’America, che prevale dal 4 giugno 1944. Dallo sbarco in Normandia in poi, tutto ciò che veniva da oltre Atlantico è stato il modello da imitare. Il soft power riguarda il cinema, la musica, i beni di consumo domestici, e un hard power che riguardava la divisione del mondo in due blocchi e i paesi dell’Europa Occidentale erano nella parte difesa dalle basi americane sparse nei nostri territori. Erano poi gli stessi territori che solo poco tempo prima erano stati devastati dalle bombe americane (e inglesi): dal Monastero di Monte Cassino a Dresda. Tutto perdonato e dimenticato.

E anzi proprio quella potenza bellica era la garanzia nei confronti del comunismo alle porte di Berlino. L’identificazione con il modello made in Usa era una sorta di medaglia dove nell’altra parte vi era la scelta verso l’altro modello. Era quest’ultima una scelta minoritaria e via via che il tempo passava sempre più difficile da far propria.

Epperò prendere le distanze da un esperimento fallito, non impedisce di guardare l’altro: da Hiroshima al Vietnam, dal Cile a Cuba, sino alle covert strategie per impedire all’Unione Europea una sua autonomia, e poi la dissoluzione della Jugoslavia, e l’Iraq, la Libia, la Siria.

E infine il conflitto israeliano-palestinese che a breve avrà la sua fine con la nascita di uno stato ebraico – con l’ambasciata Usa a Gerusalemme pure se per metà occupata militarmente – e di un governo di partiti di fede ortodossa. Ebrei ortodossi sono il nuovo ambasciatore americano designato e il nuovissimo esperto del Medio Oriente, Jared Kushner, genero di Trump, che sembra svolgerà il medesimo ruolo di Kissinger con Nixon. Il resto del mondo dall’Asia, all’India, alle potenze persiane e arabe sta a guardare sempre più persuaso di aver maturato una propria autonomia dagli uomini bianchi.

Quanto alla politica interna le premesse ricordano gli anni Cinquanta, quelli del boom economico e dell’isolazionismo culturale. Gli anni dell’orgoglio di un paese che stava diventando una super potenza e allo stesso tempo aveva rotto il cordone ombelicale nei confronti dei luoghi da cui provenivano gli antenati. Oggi Trump, nipote di un immigrato tedesco, critica a piena voce le politiche sociali della Merkel, e anzi della Germania tout-court. E irride all’Europa che pretende di essere difesa gratis con la Nato che non ha più ragione di esistere.

D’altronde pur in modo informale l’Europa è sempre stata sotto tiro. Le critiche riguardano il big government e le politiche sociali, per cui i nostri governi intervengono a protezione di industrie o banche in difficoltà e chi lavora ha diritto a ferie pagate, all’assisenza sanitaria statale, a sindacati. Tutti ostacoli alla libertà della persona nel suo fare, nel suo avere.

Le critiche hanno di mira – con esclusione della sempre più atlantica Gran Gretagna della Brexit che dalla Ue se n’è andata con plauso di The Donald – i governi dei paesi europei nella convinzione che il figlio-America ha superato il padre-Europa in qualsiasi campo. È una convinzione che sinora ha riscosso il maggior consenso paradossalmente proprio tra chi vive nei paesi europei, un consenso nelle piccole cose prima che nelle grandi. Piccole cose che hanno a che vedere con il cibo, la musica, il vestire, il tempo libero. Ed è un consenso senza età, comincia all’asilo con «jingle bells» e continua con gli anziani che usano ok per dire sì.

Sono però gli adolescenti i più convinti nell’assimilazione del modello, innocenti nella loro deuropeizzazione, irretiti in Facebook, camminano con gli occhi fissi su un piccolo schermo, con gli auricolari e le dita della mano destra a pestare sulla tastiera. Li incontri, li osservi e ti chiedi quale futuro riserva loro l’America di Trump.

Poiché nelle grandi cose, nelle relazioni tra gli uomini, nella civiltà del nostro fare e avere ancora tante sono le differenze che contano. Riguardano il sistema politico il suo finanziamento e il suo funzionamento, i giudici, le carceri private, i poliziotti ammazzaneri, le scuole creazioniste, i serial televisivi dove i bambini sparano meglio di un cecchino e altro ancora. Con Trump le differenze diventeranno visibili, senza più ipocrisie. Speriamo che i nostri adolescenti alzino gli occhi dal cellulare.