Tempo d’attesa. Del Nobel per la letteratura, innanzitutto, il cui annuncio viene dato oggi alle 13 secondo un rito videoglobalizzato e predisposto con cura per dare il massimo risalto all’unico momento di vera suspence del calendario culturale. Come ogni anno, negli ultimi giorni si sono affollate le previsioni, quasi di certo destinate a fallire, dato il gusto dell’Accademia svedese nel far saltare pronostici e scommesse.

Chissà dunque che non abbia ragione A.M. Orthofer, che sul suo Literary Saloon ha azzardato un’ipotesi stramba: e se i giurati di Stoccolma, nel loro desiderio di stupire, avessero scelto un autore che ha già vinto il premio? Nello statuto del Nobel, spiega Orthofer, nulla vieta che il riconoscimento venga attribuito due volte alla stessa persona: «Tendiamo a pensare al Nobel come a un premio che si assegna una tantum, per cui pare impossibile che i giurati lo ridiano allo stesso autore, ma a differenza del Goncourt (dove comunque Romain Gary è riuscito a trovare un escamotage per sfuggire alla regola dell’una-volta-e-basta), non è un fatto impensabile». Pare anzi ci sia un potenziale precedente, dal momento che nel 1948 il nome di Thomas Mann, già «nobellizzato» nel 1929, fu suggerito da due giurati.

In realtà oggi la rosa dei bis-candidati sarebbe molto ristretta, tenendo conto che vanno esclusi i defunti e che – come era stato per Mann – i viventi, dopo avere ricevuto una prima volta il premio, dovrebbero aver prodotto una mole notevole di libri importanti: in questo scenario «J.M. Coetzee sarebbe la scelta naturale», scrive Orthofer che ammette di aver voluto più che altro lanciare una provocazione «per confondere ancora di più le acque del Nobel».

Ma è tempo d’attesa pure per l’inverno strano che ci si para davanti e che rischia di essere segnato, se non dalla clausura stretta di cui abbiamo fatto esperienza in primavera, da lunghe ore trascorse in casa, al riparo – si spera – dagli agguati del coronavirus. Leggeremo di più? E cosa?

Non abbiamo ancora un quadro completo delle vendite di quest’anno (i dati italiani, aggiornati a settembre, saranno presentati dall’Aie, l’associazione degli editori, durante la Buchmesse in versione digitale), ma Haley Velasco sul Wall Street Journal sostiene che i libri hanno buone possibilità di competere con Netflix nelle molte serate domestiche davanti a noi: «Nell’agosto 2020 le vendite dei libri cartacei negli Stati Uniti sono cresciute del 13 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso» e sono sempre più frequenti i casi di lettori e lettrici deboli che hanno scoperto il piacere della lettura immersiva: come Dayna Reber, analista finanziaria in Pennsylvania, che prima finiva a stento tre libri in un anno «e nel 2020 è già arrivata a quota 46, senza contare le storie che legge alla sua bambina».

Più sfumato è il panorama che emerge da uno studio condotto su 860 persone da tre ricercatori dell’università di Aston nel Regno Unito e pubblicato su The Conversation. Pur confermando che il tempo dedicato alla lettura è in generale aumentato, la ricerca mette in evidenza una minore capacità di concentrazione e tratteggia due grandi famiglie di lettori: gli «esploratori» e i «ri-lettori». I primi «hanno trovato nell’isolamento l’opportunità di scoprire testi che in precedenza non avevano avuto tempo o voglia di leggere e di colmare lacune nella loro conoscenza (le proteste per la brutalità della polizia hanno spinto molti, per esempio, a cercare opere di autori non-bianchi)». Gli altri «hanno cercato sollievo in libri già letti, evitando stress e sorprese».

Prudenza e curiosità – sono i poli tra cui pendola la nostra vita. Anche come lettori, a quanto pare.