In quegli 80 chilometri, incastonati tra le montagne, che dividono l’area metropolitana di Torino dalla Francia c’è una storia di resistenza che va avanti da 30 anni. Ed è quella contro il controverso progetto di alta velocità ferroviaria tra Torino e Lione in Val di Susa. Ad opporvisi vi è un movimento popolare, i No Tav, sopravvissuti a governi, cambi di linea (la vecchia Lisbona-Kiev, per dirne uno, è tramontata da tempo) e repressione giudiziaria. Nel mirino delle proteste, che si sono accese più volte dal 2005 in poi, vi è in particolare la sezione transfrontaliera, compresa tra le stazioni di Saint-Jean-de-Maurienne in Francia e di Susa-Bussoleno in Italia, con il tunnel di base del Moncenisio lungo 57,5 chilometri scavato in montagne amiantifere, nonostante, qui, ci sia già in funzione una linea ferroviaria internazionale sottoutilizzata.

Quello del Tav è un progetto che ha avuto un sostegno bipartisan ma sonore bocciature tecniche, basti pensare al documento della Corte dei Conti Ue di meno di un anno fa che ha sottolineato i benefici sovrastimati, le previsioni di traffico gonfiate, i costi lievitati (da 5,2 miliardi di euro a 9,6 per il mega tunnel), nonché i ritardi infiniti. Senza dimenticare l’impatto ambientale, che difficilmente può essere considerato coerente al Green deal europeo che, promosso dalla commissione von der Leyen, ha posto nel 2050 l’obiettivo della neutralità carbonica: lo scavo del tunnel internazionale comporterebbe, secondo i proponenti, un’emissione complessiva di 10 milioni di tonnellate di Co2.

Sono stati anni intensi, vissuti in prima linea, quelli dei No Tav. Un ostinato e tenace movimento che dopo lo sgombero delle forze dell’ordine riuscì a riprendersi, l’8 dicembre del 2005, il presidio di Venaus impendendo l’insediamento del cantiere del tunnel geognostico. Cinque anni e mezzo dopo ci furono i mesi della Libera Repubblica della Maddalena a Chiomonte nell’area dell’attuale cantiere Tav. Il presidio fu sgomberato il 27 giugno del 2011; ne seguirono scontri, soprattutto il 3 luglio dopo una partecipata manifestazione. Innumerevoli sono state le iniziative contro gli espropri, come nel 2012 o come le attuali contro l’allargamento del cantiere.
Sono stati anni segnati anche da arresti e processi. Da quello che il movimento e non solo considera un vero e proprio «accanimento giudiziario». Le storie di Nicoletta Dosio, già insegnante di liceo a Bussoleno nonché una delle fondatrici dei No Tav, e Dana Lauriola, tuttora in carcere, sono l’apice ma non le uniche. Dana deve scontare una pena di due anni di detenzione per un episodio avvenuto nel 2012 durante un’azione dimostrativa sulla A32, quando al megafono spiegava le ragioni della manifestazione. Una condanna sproporzionata come sottolineato anche da Amnesty International.