La Cassazione francese ha confermato il rifiuto della Francia all’estradizione di dieci rifugiati italiani degli anni Settanta. Per i dieci, di cui otto uomini fra i quali Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi, e due donne (Marina Petrella e Roberta Cappelli), il tribunale francese aveva già negato, il 29 giugno dello scorso anno, l’estradizione chiesta dall’Italia.

La presidente della Chambre de l’Instruction aveva motivato il rifiuto con il rispetto della vita privata e familiare e con il diritto a un processo equo, garanzie previste dagli articoli 8 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

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Il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, il giorno dopo, aveva però affermato che “quelle persone, coinvolte in reati di sangue, meritano di essere giudicate in Italia”. Di conseguenza, il procuratore generale della Corte d’appello di Parigi, Rémy Heitz, in rappresentanza del governo, aveva immediatamente presentato un ricorso alla Corte di Cassazione, ritenendo necessario appurare se gli ex terroristi condannati in Italia in contumacia beneficeranno o meno di un nuovo processo se la Francia li consegnerà.

Lo stesso procuratore contestava la decisione del tribunale sulla presunta violazione della vita privata e familiare degli imputati.

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“Cosa dovevano fare? Portare in Italia una persona di 75 anni per rieducarla? Una persona che da 50 anni vive in Francia e che conduce una vita del tutto diversa” commenta l’avvocato Giovanni Ceola, legale italiano di Luigi Bergamin, uno dei dieci ex terroristi per i quali la Cassazione francese ha confermato il rifiuto all’estradizione. “Valuto positivamente questa decisione – ha aggiunto il legale, parlando con l’ANSA – ce l’aspettavamo, è un esito scontato. Lo stesso procuratore generale aveva chiesto il rigetto di un ricorso che era stato fatto solo perché chiesto dal presidente della Repubblica francese”. Quello di oggi, ha concluso, “è un verdetto che si basa sui principi della Corte europea”.