Alcune notizie sembrano riportarci negli anni Cinquanta, quando il buon Vittorio Valletta, storico braccio destro di Giovanni Agnelli e allora capo incontrastato della Fiat, era costretto periodicamente a recarsi in pellegrinaggio presso l’ambasciatrice Usa, Claire Boothe Luce, dama di ferro fieramente anticomunista. La diplomatica chiedeva conto e ragione del «repulisti» delle fabbriche del Lingotto da iscritti (o anche solo simpatizzanti) del Pci, della Cgil, della Fiom: lo scrupoloso amministratore piemontese doveva dimostrare che il pedigree del suo personale era completamente «decomunistizzato», e allora sarebbero arrivate le commesse dagli Stati Uniti. Per questo Valletta aveva messo su un complesso sistema di spionaggio (attraverso gli stessi operai, i preti, perfino alcuni poliziotti) per evitare «contaminazioni».

Mutatis mutandis, siamo ancora fermi a quegli anni: almeno nelle basi Usa presenti nel nostro Paese. Gli States continuano a non volere la Cgil all’interno delle loro sedi: e così, è notizia di ieri, le autorità militari statunitensi hanno firmato un contratto per i dipendenti civili italiani di tutte le loro basi con le sole Cisl e Uil. Il sindacato «rosso» non c’é: e non per le attuali politiche sindacali (certamente tutto tranne che estremiste, o anche solo «comuniste»), non perché sia contro la legge di stabilità (morbidamente, tutto sommato, solo con 4 ore di sciopero). No. Solo perché è la solita, vecchia Cgil.

La protesta è arrivata dalla Filcams Cgil, branca del commercio del sindacato guidato da Susanna Camusso: «A Sigonella in Sicilia, a Camp Ederle di Vicenza e Camp Darby di Pisa, nella Base Usaf di Aviano e a Napoli Capodichino viene negato alla Cgil il diritto di rappresentare i lavoratori – denuncia il segretario generale Franco Martini – Si tratta di una scelta grave perché ripropone una discriminazione imposta dall’Amministrazione americana che ha origini nel periodo della guerra fredda». «È un’offesa alla Costituzione italiana», rincara Martini, che chiede «il sostegno di Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, perché non assecondino più queste scelte. Tantopiù dopo la recente sentenza della Consulta sulla Fiat e il percorso già avviato dalle confederazioni con le imprese e la politica su questi temi».