Per la prima volta anche l’Iran ammette l’uso di armi chimiche nella crisi siriana. Lo fa proprio il neo-eletto presidente, Hassan Rohani, che ha spronato la comunità internazionale a impedirne l’utilizzo. In particolare, Rohani ha ricordato l’uso di ingenti quantità di gas mostarda e nervino durante la guerra Iran-Iraq (1980-1988). Tuttavia, il tecnocrate, che si è espresso più volte per libere elezioni nel 2014 a Damasco, non ha puntato il dito direttamente contro i ribelli. Come aveva fatto pochi giorni prima il portavoce del ministero degli Esteri di Tehran, Abbas Araghchi. «Siamo molto preoccupati per le informazioni sull’uso di armi chimiche in Siria. Esistono prove che sono stati i gruppi terroristici a commettere simili atti», aveva dichiarato Aragchi. Ma il ministero degli Esteri iraniani è andato oltre chiudendo la porta a ogni possibile intervento armato internazionale in Siria. «Non c’è alcuna autorizzazione internazionale per un’ingerenza militare in Siria», ha replicato Araghchi alle dichiarazioni del segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Chuck Hagel, che ha confermato come Washington non escluda un’opzione militare in Siria, dopo le recenti denunce sull’uso di armi chimiche. La crisi siriana «si risolverà solo in modo pacifico e attraverso il dialogo», ha aggiunto il ministero degli Esteri iraniano stigmatizzando l’invio di navi da guerra da parte degli Stati Uniti nella regione come aggravante delle già deteriorate tensioni politiche interne.
Dal canto loro, gli insorti siriani negano l’uso di armi chimiche. Non solo, hanno accusato il regime di Assad di aver usato agenti tossici nei sobborghi orientali di Damasco, provocando la morte di oltre mille persone. Mentre la televisione pubblica siriana accusa direttamente Arabia Saudita, Qatar e Germania per la fornitura di armi chimiche ai ribelli siriani. L’emittente ha riferito anche di un presunto ritrovamento di materiale chimico in un tunnel dei ribelli a Jobar, un sobborgo di Damasco. Come prova ufficiale il regime siriano ha condotto alcune troupe di giornalisti stranieri sul luogo dell’odierno «attacco chimico».

Ma la Coalizione nazionale, che raggruppa molte delle forze di opposizione al regime siriano, è andata oltre e ha accusato direttamente Assad di essere il mandante del duplice attentato che venerdì scorso ha causato la morte di 47 persone, nella città di Tripoli, nel nord del Libano. «Gli attentati di Tripoli e quello di Beirut (del 15 agosto scorso, ndr) fanno parte di un piano ideato dal regime per scatenare un conflitto disastroso», si legge in una nota della Coalizione.
Per l’aggravarsi delle tensioni, i vertici militari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Russia e Turchia, ma non solo anche di Arabia Saudita e Qatar hanno organizzato un incontro ad Amman, in Giordania, per discutere della crisi siriana e dell’uso di armi chimiche. All’incontro, previsto questa settimana, probabilmente già martedì 27, parteciperà il capo degli Stati Maggiori riuniti degli Stati Uniti Martin Dempsey.