Mentre il presidente del golpe, l’ex generale al-Sisi, ieri sera in televisione elencava i successi di due anni dalla sua elezione, l’avvocato Maked Adly contava il suo primo mese dentro una cella da tre metri quadrati, completamente solo, separato dal resto del mondo.

Nell’elenco di al-Sisi spiccavano gli otto grandi progetti infrastrutturali, alcuni faraonici, inaugurati o messi in cantiere dal 2014 ad oggi. Come il nuovo Canale di Suez e le zone industriali a corredo o il progetto di sviluppo in Sinai con fattorie, reti stradali e zone residenziali nuove di zecca: una spesa di 117 miliardi di dollari, buona parte dei quali finanziati dai sostenitori regionali e internazionali del Cairo.

Nella lista presentata ieri in tv però non figuravano gli arresti di massa e l’ampia politica di repressione della società civile che appaiono il vero “risultato” di questo regime, un “traguardo” mai raggiunto prima in termini di numeri e pervasività. Tra gli strumenti messi in campo dagli Interni e dal ministro Ghaffar, eminenza grigia della campagna di oppressione interna, c’è l’utilizzo spasmodico e strutturale dell’isolamento.

Sono moltissimi i prigionieri politici costretti a subire un’ulteriore punizione, oggi diventata target di una campagna online, lanciata su Twitter e Facebook e ribattezzata #NoToSolitaryConfinement: «Secondo il regolamento carcerario – si legge nella pagina Facebook – l’isolamento può durare al massimo 30 giorni e non può essere utilizzato come forma punitiva».

A promuoverla sono attivisti per i diritti umani e familiari dei detenuti che in rete pubblicano le storie di coloro che sono sottoposti da settimane, mesi o anni all’isolamento totale in carcere, pratica definita dalle Nazioni Unite «tortura per legge». Tra i prigionieri egiziani sottoposti a isolamento ci sono nomi noti, avvocati e attivisti arrestati nel corso delle ultime settimane, durante la campagna di detenzioni di massa imbastita per fermare l’ondata di proteste anti-governative a seguito della cessione all’Arabia Saudita delle isole Tiran e Sanafir.

Ci sono il fotoreporter Shawkan, per il cui rilascio ha fatto appello anche la famiglia di Giulio Regeni; Malek Adly, responsabile della Rete degli Avvocati dell’Egyptian Centre for Economic and Social Rights, in isolamento da un mese; l’artista Ahmed Douma da tre mesi; il giornalista Yousef Shaaban, da otto. Proprio la moglie di Shaaban, Ranwa Youssef, è tra le organizzatrici della campagna: «Dopo mesi di isolamento, il solo desiderio di Youssef è entrare nella metro, avere intorno a sè gente il più a lungo possibile».

Chi è costretto in isolamento, spiegano le organizzazioni per i diritti umani, non può ovviamente ricevere visite familiari, ma neppure cibo e medicine dalla propria famiglia. Non riceve cure mediche né visite del proprio avvocato. È chiuso in una cella di 3 metri quadrati, per 22 ore al giorno durante le quali non ha alcun contatto con l’esterno. Uno spazio minimo senza finestre, dove l’unico effetto personale spesso è una coperta. Non sono ammessi lenzuola, vestiti pesanti per l’inverno, medicinali.

Le condizioni fisiche e psicologiche di detenzione sono estreme, disumane. Si sono registrati casi di prigionieri che hanno tentato il suicidio. Alcuni sono riusciti ad uccidersi, altri muiono per le conseguenze della misura punitiva. In ogni caso gli effetti sulla psiche e la salute mentale sono devastanti: «[L’isolamento] compromette la capacità di reintregrarsi nella società una volta scarcerati», scriveva nel 2011 Juan Mendez, relatore speciale Onu, in un rapporto per l’Assemblea Generale.

Onu o meno, Il Cairo non teme ripercussioni. Giovedì i vertici egiziani sono andati all’attacco di Unione Europea e Nazioni Unite, responsabili agli occhi del regime di fare dichiarazioni azzardate sul rispetto dei diritti umani nel paese. Il protavoce del Ministero degli Esteri, Ahmed Abou Zaid, ha bacchettato l’Alto Rappresentante Ue agli Affari Esteri: Federica Mogherini aveva definito «un preoccupante sviluppo» l’arresto dei vertici del sindacato della stampa (la prima udienza del processo è prevista per oggi).

«Prima di giudicare ingiustamente la situazione delle libertà in Egitto, dovrebbero guardare prima a come questi soggetti criticano le performance del governo». Stesso messaggio per il segretario generale Onu Ban Ki-Moon che martedì aveva espresso disappunto per gli stessi arresti.