Sempre più forti le tensioni nel Brasile di Bolsonaro e il mondo della cultura e dello spettacolo. Dopo il «caso Marighella» – il film di Wagner Moura sul rivoluzionario assassinato dalla dittatura la cui uscita in sala è stata posticipata al 20 novembre, facendo gridare al boicottaggio, arriva ora la notizia che il segretario alla Cultura del ministero brasiliano della Cittadinanza, Henrique Pires, si è dimesso dal suo incarico, dopo che il governo del presidente Jair Bolsonaro ha sospeso il finanziamento pubblico di quattro serie televisive che trattano vicende collegate alla comunità Lgbt, originariamente previste nei palinsesti dei canali pubblici di televisione.

«HO IL MASSIMO rispetto per il presidente della Repubblica, e il ministro (Osmar Terras) – sottolinea in un comunicato Pires, ma non intendo approvare una censura». Secondo il segretario dimissionario, la decisione sulle serie tv è stata «la goccia che ha fatto traboccare il vaso», perché – chiosa Pires: «sono contrario all’imposizione di filtri a qualsiasi tipo di attività culturale, in quanto cittadino e in quanto funzionario pubblico: credo che bisogna rispettare la Costituzione».

La sospensione del finanziamento delle quattro produzioni – a metà fra la fiction e il documentario – era stata annunciata da Bolsonaro la settimana scorsa.

Parlando con i media, il presidente aveva descritto l’argomento dei progetti, che erano stati presentati all’Agenzia nazionale per il cinema (Ancine), e aveva sostenuto che concedere finanziamenti pubblici per la loro produzione: «è buttare via i soldi, per fare film che poi nessuno vede».

I quattro progetti riguardano la vita dei trans nello Stato di Cearà (Transversais), gli omosessuali neri del Distretto Federale (Afronte), la curiosità delle popolazioni indigene riguardo alla vita sessuale dei «bianchi» (O sexo reverso) e l’atteggiamento omofobico di varie religioni (Religare Queer).

La tensione fra i movimenti Lgbt e il governo Bolsonaro è sempre più tesa. Le sue posizioni omofobe espresse in più occasioni, si scontrano anche con la recente decisione della Corte suprema di rendere l’omofobia un reato pari al razzismo.