Non solo tecnocrazia: l’Europa dei cittadini esiste, e ieri ha battuto un colpo. Per dire «no» ai trattati Ttip, Cesa e Tisa che l’Ue sta negoziando con l’obiettivo di liberalizzare il commercio fra le due sponde dell’Atlantico e non solo (il Tisa riguarda anche Asia e Oceania). Le manifestazioni più grosse quelle in Germania, cortei anche a Parigi e Madrid, ma il dato più importante è la diffusione continentale delle iniziative, piccole o grosse che fossero. Nel nostro Paese c’è ancora molto da lavorare per fare crescere l’attenzione sul tema, ma quello di ieri è stato un passo importante: incontri e volantinaggi in oltre 30 città, grazie all’impegno della campagna «Stop Ttip Italia», una rete di singoli e organizzazioni (dall’Arci alla Fiom, dal Forum per l’acqua a Legambiente, da Attac a Fairwatch), con il sostegno delle forze politiche di sinistra (come Sel e Prc).

A Milano si è svolto un flash mob, a margine del Forum dei popoli Asia-Europa, al quale ha preso parte anche Eleonora Forenza, eurodeputata de L’Altra Europa con Tsipras: «Il gruppo parlamentare del Sinistra unitaria (Gue) è al servizio dei movimenti in questa battaglia che ci vede contrapposti, insieme ai Verdi, alla grande coalizione che governa la Ue». Forenza punta il dito contro la prossima responsabile del commercio estero dell’esecutivo Juncker: «Cecilia Malmström aveva lasciato intendere di voler eliminare i controversi tribunali arbitrali a tutela degli investimenti, ma nell’audizione nella commissione parlamentare si è rimangiata tutto». Quindi, al momento la posizione ufficiale del nuovo «governo» Ue è la stessa di quello precedente guidato da Manuel Barroso: gli accordi di libero scambio devono prevedere un meccanismo (Isds, nella sigla in inglese) che punisca gli stati che adottano politiche dannose per i profitti delle imprese.

«In questa vicenda il governo italiano gioca un ruolo negativo: il viceministro allo sviluppo economico Carlo Calenda non perde occasione per dire che si deve accelerare nella chiusura dei negoziati», denuncia Forenza. La compagine di Matteo Renzi riesce a essere più a destra di quella di Angela Merkel, dal momento che Berlino è contraria a firmare i trattati se non cambieranno almeno nel punto più contestato, appunto la facoltà delle aziende di denunciare gli stati «nemici» dei loro profitti. La distanza fra Palazzo Chigi e la Cancelleria sulla Sprea si misura anche da un piccolo dettaglio: il governo tedesco, su iniziativa del leader socialdemocratico e ministro dell’industria Sigmar Gabriel, ha concordato una posizione comune sul tema con il sindacato unitario Dgb. Non proprio quello che accade da noi.

Il fondato timore delle organizzazioni dei lavoratori di tutta Europa è che la stipula dei trattati porti con sé un livellamento verso il basso di diritti e tutele, nell’ottica dell’abbattimento delle cosiddette «barriere non tariffarie». La stessa preoccupazione ce l’hanno le associazioni ambientaliste: fra gli «ostacoli non necessari agli investimenti» di cui parla il documento ufficiale del negoziato Usa-Ue possono rientrare gli standard di protezione della salute dei consumatori in vigore nei Paesi europei, più alti di quelli americani. In futuro potremmo avere meno strumenti per difenderci dall’adulterazione dei cibi, ad esempio.

Le mobilitazioni continueranno. In Italia l’appuntamento è ravvicinato: martedì a Roma in occasione del vertice informale dei ministri del commercio Ue. E sul sito stop-ttip-italia.net si possono scaricare «mozioni di sfiducia al Ttip» da fare approvare dai consigli comunali e regionali.