«Gli italiani il 4 marzo hanno detto chiaramente che vogliono un capovolgimento: è finita la stagione dei governi di centrodestra a trazione Forza Italia e di centrosinistra a trazione Pd. Sbagliano i commentatori e, soprattutto, gli organismi sovranazionali quando dipingono lo scenario post voto come ’tutto nero’, così il cittadino non si sente riconosciuto»: Luigi Gallo racconta il clima di attesa intorno alla gestazione del governo giallo-verde. Un clima non facile per un parlamentare alla seconda esperienza, radicato al Sud (il suo collegio è nell’hinterland partenopeo) e dell’area di sinistra che fa capo al presidente della camera Roberto Fico.

Gallo, i 5S hanno stravinto al Sud. Il reddito di cittadinanza è tutto quello che gli elettori vi hanno chiesto?

Chi ha votato il Movimento non vuole uscire dall’Europa ma chiede maggiore considerazione. I vincoli di bilancio hanno acuito le fratture del paese: i poveri sono sempre più poveri e infatti oltre 10milioni di italiani sono in povertà relativa; ci sono territori che hanno livelli bassissimi nei servizi e non hanno avuto attenzione dai governi passati né hanno avuto gli strumenti per reagire.

Eppure nel contratto di governo tra 5S e Lega il Sud non c’era, poi è stato aggiunto un paragrafo sbrigativo dove si legge: «Si è deciso di non individuare specifiche misure con il marchio Mezzogiorno».

Nel programma 5S c’era il reddito di cittadinanza, gli investimenti in istruzione e università, la necessità di riequilibrare gli investimenti sul territorio per eliminare i gap e produrre un rilancio delle collettività. Rispetto al contratto, ci sono alcune considerazioni da fare. Sud e Nord sono etichette vecchie. C’è un grave problema di riequilibrio tra aree disomogenee, ad esempio le periferie rispetto al centro ma anche all’interno dello stesso Nord. Va però detto che ci sarebbe dovuto essere, ma non è menzionato, il Fondo per i livelli minimi essenziali: il federalismo approvato dal centrosinistra prevedeva la definizione dei livelli minimi dei servizi pubblici da assicurare su tutto i territorio finanziando il fondo perequativo. Una misura mai attuata a pieno e così ci ritroviamo con aree, in particolare al Sud, dove la sanità pubblica sta sparendo. Lo stesso per i trasporti. Persino al Nord alcune infrastrutture di collegamento per i pendolari sono pessime. Di sicuro il prossimo governo non può sbilanciare le risorse verso i ricchi e le rendite improduttive, penalizzando chi è in difficoltà e le future generazioni.

I 5 Stelle si sono battuti contro la Buona scuola di Renzi, il contratto ottiene gli obiettivi che volevate?

È il paragrafo che mi piace di meno. Quando non garantiamo più alla scuola di avere un ruolo educativo e consegniamo i bambini e i minorenni alla polizia, abbassando l’età imputabile, allora possiamo chiudere la scuola e aprire solo riformatori. Nella scuola non devono entrare né approcci polizieschi, né aziendali. Il Movimento si è presentato alle elezioni con un programma che prevedeva investimenti per 25 miliardi in istruzione: tetto massimo di 22 alunni nelle classi, investire nel tempo pieno al Sud, aumento dello stipendio agli insegnanti, abbattere le disuguaglianze regionali. Lo stesso vale per le università, che al Sud sono state sottofinanziate. Quando applichiamo metodi repressivi ed espulsivi dalla scuola, il figlio del tossico, del delinquente, chi è nato in una famiglia povera è destinato solo a finire in galera. Molti considerano i bambini come degli adulti: questo mortifica il processo educativo e impedisce il cambiamento, rendendo immutabili le condizioni sociali.

Il programma sembra riprodurre l’idea della Cultura come bene di consumo da sfruttare.

Fino a oggi abbiamo subito una gestione del comparto come un feudo, dove chi aveva gli agganci giusti poteva attingere alle risorse senza dover rispondere degli esiti degli investimenti. Credo che possiamo fare un buon lavoro con nuove competenze ma dobbiamo imparare a ragionare in termini di distretti culturali e non di singoli beni. Aree da rendere fruibili e non luoghi da sfruttare. Bisogna potenziare le Soprintendenze.

Una volta sottoscritto il contratto, come si risolvono incongruenze e criticità?

Sono nodi da sciogliere nelle aule parlamentari: come ha detto Roberto Fico, il parlamento è un istituto centrale, dove affrontare i temi nel merito con un confronto serio attraverso la discussione, con le proposte di legge. Il contratto non può fotografare i cinque anni di attività parlamentare che abbiamo davanti ingessandoli, altrimenti non si capisce quale dovrebbe essere il nostro ruolo di parlamentari. La democrazia e i suoi strumenti sono la cornice in cui ci muoviamo.