Alla camera, lo scorso 30 maggio, quando Sel e M5S hanno presentato la mozione che chiede di «cancellare la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell’aereo Joint Strike Fighter-F35», la quarantina di firme Pd annunciate sul documento sono d’incanto evaporate. Solo in quattordici democratici hanno mantenuto il punto e la firma, nonostante le pressioni del partito. Fra loro il segretario della giovanile Fausto Raciti, Pippo Civati, Enrico Gasbarra. Convinti, chi dalla crisi chi dal pacifismo, che sia meglio destinare i 12,9 miliardi di spesa a investimenti «alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla tutela del territorio dal rischio idrogeologico, alla realizzazione di un piano di asili nido». In compenso il Pd, in commissione Difesa, propone un’altra iniziativa utile allo stesso scopo, a patto che non si trasformi in una mossa diversiva e dilatoria . «Un’indagine conoscitiva per valutare lo stato dei nostri armamenti e le necessità per il futuro», spiega Giampiero Scanu. La commissione deciderà martedì prossimo, e va da sé che lì come in aula Pd, Sel e M5S farebbero – notoriamente – una maggioranza.

Stavolta invece al senato è un drappello Pd a prendere l’iniziativa. Felice Casson, vicepresidente della commissione giustizia – e neosegretario del Copasir, il comitato di controllo dei servizi segreti – annuncia una mozione per «sospendere immediatamente la partecipazione italiana al programma sugli F-35», destinando «le somme risparmiate ad investimenti per la tutela del territorio dal rischio idrogeologico, per i posti di lavoro, per la sicurezza dei lavoratori». A oggi «non esiste impegno all’acquisto dei velivoli e non c’è alcun contratto firmato né alcuna penale». Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Danimarca e Canada si sono ritirati dal programma o hanno sospeso gli investimenti; la Gran Bretagna ha «falcidiato» la spesa.

Soddisfatto Giulio Marcon (Sel), fra i promotori della mozione alla camera, e Francesco Vignarca, della Rete disarmo. Che ora chiede al segretario Pd Epifani «una parola definitiva sulla questione». Ma per Epifani è un problema. A gennaio il suo predecessore Bersani ha tuonato: «Prima dei caccia pensiamo alla disoccupazione. La priorità è il lavoro». È la posizione della Cgil di Susanna Camusso, che nei comizi spesso ricorda quante cose si possono fare «rinunciando a un F35».

Il governo però la pensa al contrario. Ieri il ministro della Difesa Mauro a Omnibus (La7), ha ripetuto:«Sono disposto a dibattere con il parlamento su tutto, ma se l’approccio è un F35 in meno per avere 30 asili in più è un approccio sbagliato, fuorviante e demagogico». Ad adiuvandum, «fonti accreditate» dell’Alenia Aermacchi hanno fatto sapere che presto verranno assunte 80 persone allo stabilimento di Cameri (No) per lavorare al programma F-35. Ad adiuvandum, ma anche no: 13 miliardi per 80 posti di lavoro sono una barzelletta. Se ne parlerà il 24 e il 25 giugno alla camera, quando la mozione Sel-M5S sarà discussa e votata. E a quel punto il Pd di Epifani dovrà prendere una posizione ufficiale.