Sono state negative, come prevedibile, le reazioni della minoranza araba, circa il 20% degli 8,2 milioni di israeliani, alla decisione annunciata a metà settimana dal premier Netanyahu di presentare in Parlamento una legge per proclamare Israele ”lo Stato del popolo ebraico”. E contrarie sono state anche le reazioni dei palestinesi nei Territori occupati che denunciano l’intenzione di Netanyahu di complicare la ripresa delle trattative di pace e di impedire il ritorno ai 5 milioni profughi del 1948 e ai loro discendenti ai centri abitati d’origine (ora in Israele), un diritto sancito dalle Nazioni Unite con la risoluzione 194. «Occorre fornire un’ancora costituzionale allo Stato ebraico in risposta a chi vuole minare la giustificazione storica, morale e legale dell’esistenza di Israele come stato nazionale del nostro popolo», ha spiegato il primo ministro. Netanyahu ha poi assicurato che lo Stato di Israele «preserverà la piena eguaglianza, dei diritti individuali e civili, per tutti i suoi cittadini, ebrei e non ebrei, in un Paese ebraico e democratico». In Israele, secondo il primo ministro, già ora questi diritti sarebbero «assicurati a tutti, cosa che ci mette a parte rispetto ad una grande fetta del Medio Oriente e anche oltre». Affermazioni fortemente contestate dai palestinesi israeliani (noti come “arabi israeliani”) che da sempre denunciano forti discriminazioni e un limitato accesso alle risorse pubbliche assicurate in misura maggiore alla maggioranza ebraica. «Israele deve appartenere a tutti i suoi cittadini, questa decisione razzista non deve essere accettata», ha protestato l’attore Mohammed Bakri. Simili le considerazioni del calciatore arabo Abbas Suan che è stato anche un nazionale israeliano: «La proposta di legge annunciata da Netanyahu fa male alla comunità araba, suggerisco ai politici di occuparsi di cose molto più importanti, come la pace e la coesistenza». Parole di condanna sono giunte anche da diversi esponenti politici arabi, ma perplessità sono state espresse anche da israeliani ebrei, a cominciare dalla ministra Tzipi Livni che ha già fatto sapere che non sosterrà l’approvazione di una legge che pone problemi all’uguaglianza in Israele e ostacola la strada a un accordo con il presidente palestinese Abu Mazen che ha più volte escluso un suo riconoscimento di Israele come Stato del popolo ebraico.