No ai diktat del governo e alle decisioni unilaterali sul Green pass per l’apertura delle scuole. Sei sigle rappresentative del mondo sindacale della scuola (Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals, Gilda e Anief) hanno rinnovato ieri in una nota unitaria la critica a una scelta del governo che scarica sulle spalle del personale scolastico le conseguenze del caos organizzativo e della mancanza di decisioni strutturali sull’istruzione al tempo della pandemia già ampiamente denunciate nell’ultimo anno e mezzo di confinamento. I sindacati non ci stanno a trasformare, di nuovo, in capro espiatorio una delle categorie più vaccinate d’Italia (il “90 per cento” sostengono) dopo che il governo ha interrotto la campagna vaccinale prioritaria a causa dei problemi attribuiti al vaccino Astrazeneca.

“Non abbiamo condiviso l’interruzione, da parte del governo, della priorità vaccinale in primavera per il personale della scuola, proprio perché ravvisavamo un rallentamento nel percorso per raggiungere il rientro in presenza – sostengono i sindacati – Proprio l’altissima percentuale di coloro che responsabilmente si sono sottoposti alla vaccinazione, dando prova di senso civico, pone oggi le premesse per gestire senza inaccettabili forzature e tensioni, una situazione già affrontata allorquando non si disponeva del vaccino”.

La decisione di adottare il Green pass per il personale scolastico, insieme alle sanzioni previste (sospensione dallo stipendio dopo cinque giorni di assenza dei non vaccinati, una minoranza ancora non quantificabile) “sta alimentando forti tensioni, come spesso accade quando si assumono decisioni frettolose e radicali, inadeguate a cogliere la complessità delle situazioni”.

La ferma protesta non è dovuta soltanto al fatto che l’intervento, unico finora nella pubblica amministrazione e in generale per il mondo del lavoro, non è stato negoziato attraverso le consuete modalità del confronto sindacale, uno dei problemi più volte contestati all’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Riguarda, in primo luogo, il personale precario sul quale si fonda l’ordinaria attività didattica. “Ci si chiede – esplicitano i sindacati – come tale obbligo si potrà estendere al personale precario, le cui prestazioni si richiedono nel giro di poche ore e più in generale come si intendono condurre gli accertamenti e le procedure sanzionatorie introdotte dal governo”. Sembra infatti che il governo Draghi, che tende a ignorare la condizione materiale della scuola, non abbia previsto questa eventualità, non proprio un dettaglio.

In secondo luogo, ed è questione decisiva per un vero ritorno “in sicurezza” in classe, c’è la questione del decongestionamento delle cosiddette “classi pollaio”, dunque un intervento decisivo sull’edilizia scolastica, uno dei buchi neri da decenni nelle politiche dell’istruzione insieme al precariato. Insieme ai trasporti, e a un vero sistema di tracciamento e di medicina pubblica scolastica, sono questioni mai davvero affrontate né da questo governo, né da quello precedente che riuscì persino a organizzare la propaganda sostenendo il contrario.

A settembre, di nuovo, i nodi torneranno al pettine. E le soluzioni sono sempre le stesse: “Si preferisce ricorrere a fragili misure una tantum per il recupero, peraltro solo fino a fine anno solare, non si tutela il personale scolastico scaricandogli ogni genere di incombenza (dal controllo degli accessi, alla sanificazione degli ambienti) senza introdurre alcun presidio sanitario per coordinare interventi e iniziative. Con un provvedimento sostanzialmente inefficace rispetto alla presenza a scuola di 8 milioni di studenti, si scaricano sui lavoratori tutte le conseguenze di scelte non fatte”. È un chiaro atto di accusa contro la gestione neoliberale della tragedia pandemica. I sindacati chiedono inoltre chiarezza sulle indicazioni per il distanziamento in classe e che non si realizzi, con il taglio dell’organico aggiuntivo Covid, nessun arretramento su misure di sicurezza per ragioni economiche. Insomma la sicurezza non si fa per decreto ed è il contrario di una politica nella pandemia.

Dato che a scuola ci sono gli studenti, anche loro trattati nei mesi scorsi da capri espiatori e untori, ci si è resi conto che il ritorno a scuola anche loro dovrebbero essere vaccinati. E, su questo, la campagna è molto indietro. Anche per questa ragione ieri il commissario straordinario all’emergenza coronavirus, Francesco Paolo Figliuolo, ha inviato una lettera alle regioni e alle province sulla vaccinazione dei giovani nella fascia 12-18 anni. Inizierà il 16 agosto.