Rapsodia alpina a due, per voci e immagini dagli anni ’30. Delicata come i fogli di carta velina tra una pagina e l’altra di un album di foto. Rarefatta come l’attenzione che si respira quella sera del maggio scorso al Trento Film Festival, dove Ninì di Gigi Giustiniani e Raffaele Rezzonico fiorisce anche della Genziana d’oro per il miglior film di alpinismo.

Ora lei contempla i ghiacciai del Monte Bianco, ora lui si arrampica, ora guardano in macchina – si baciano – ora la tempesta li sorprende in una delle scalate più ambiziose, mentre gli istanti si fanno infiniti, gli abiti zuppi e i cuori, aggrappati a un unico centimetro di roccia, si scoprono risonanti come non mai. È forse per le remore dell’epoca se non riescono a dirsi l’un l’altra? L’indomani, da veri professionisti, tentano ancora. Troppo ampio il sogno perché l’anima non se ne senta sedotta, scrive lei.

Ante tutto questo un quadro, ritrovato ai giorni nostri al GAM di Torino. Sotterranei di un archivio e la visione filtrata dallo sguardo di un bel signore “imbiancato”, a Trento in sala: due donne, una giovane con un bambino in braccio, e una anziana, piangono un uomo sul letto di morte. “Force majeure”delle genealogie. Perché Ninì sgorga da un dono, da un temerario atto di fiducia compiuto da Lorenzo Boccalatte, il signore di cui sopra: le chiavi incandescenti del suo passato affidate a Giustiniani e Rezzonico perché facessero brillare i tesori custoditi oltre 50 anni da sua madre, Ninì Pietrasanta, classe 1908, pioniera d’alpinismo e d’amore: la stagione strepitosa delle scalate e del matrimonio con suo padre Gabriele, entrambi star dell’epoca, di cui il fascismo vorrebbe fregiarsi, non riuscendo a far presa su di loro. Le foto e “le cinematografie” in 16 mm di lei, orfana di madre, col padre benestante illuminato, le sue narrazioni per il CAI, i diari di lui, da lei fatti pubblicare con una struggente introduzione. Poi, come accade dopo una tragedia, il baule si richiude e Ninì e Lorenzo vivono una vita altra, la montagna non più da pari a pari: la madre un secondo matrimonio; il figlio, senza eroismi, tra i numeri in ufficio. Pure, grazie alla sensibilità finissima dei due autori, di seguito a colloquio, focus sulla regia l’uno, sulla drammaturgia l’altro, nonché al montaggio spericolato a due – le voci off stupendamente incarnate da Alice Corni e Mele Ferrarini – si vive un’ora d’estasi e di grazia. La stessa che riluce negli occhi di Lorenzo Boccalatte a fine proiezione.

Gigi, quali incroci tra voi e Lorenzo.

L’ho conosciuto alla fine del 2013. È stato grazie a Roberto Serafin, giornalista e storico della montagna, che sapeva del mio lavoro legato al Monte Rosa. Lorenzo si è mostrato subito molto fiducioso, tanto che presto mi ha affidato i materiali appartenuti a sua madre. Per conto mio, prima ancora di sapere chi fossero Ninì e Gabriele, sono stato rapito dalle immagini, un unicum, considerato che a quel tempo le italiane che andavano in montagna con la cinepresa non erano certo molte. Poi ho voluto inoltrarmi, studiare. Ho pensato a un film insieme a Raffaele, un amico con cui avevo già lavorato, e a una ricerca collettiva.

Dedichi a tuo padre e a tuo nonno, scomparsi nel 2014.

Da mio padre, molisano d’origine, fotografo e poi architetto, ho tratto la passione per la fotografia; da mio nonno, scalatore, quella per la montagna. Alla prima a FilmMaker, emozionantissimo, c’era tutta la famiglia, loro nel frattempo erano mancati. Ciò nonostante Ninì non è un film autoreferenziale, anche se ritengo che tutti i film siano intimi, espressione del profondo.

Parliamo di pellicole ritrovate.

Lorenzo ci ha affidato 7 rulli che aveva fatto riversare. Le pellicole erano molto deteriorate. Così ce ne siamo sentiti custodi, in obbligo di un restauro accurato. Ci siamo rivolti a Rumblefish. Volevamo concentraci sulla matericità del film, sugli aspetti tattili. Ninì è un film veramente “fatto in casa”, di oggetti.

Dalla storia e dalle parole di Ninì sembra che al tempo per le donne alpiniste si aprissero respiri insoliti …

Accadeva nella buona borghesia. Spesso i genitori avallavano le passioni “nobili” delle figlie, come la poesia la musica, le corse in macchina. L’alpinismo era considerato tra le discipline più estreme, ovviamente non adatto alle donne, anche se le prime scalatrici appaiono già inizi ‘800. In Italia, tra le pioniere, proprio negli anni ’30 del ‘900, Mary Varale si scontra con il maschilismo del CAI (tra i materiali non rientrati c’era una riunione dell’Accademico, si rideva innanzi alla proposta di ammettere le donne). Quanto a Ninì, non ha una vera consapevolezza femminista, ma piuttosto la coscienza di doversi muovere in un mondo quasi esclusivamente maschile. Cosa che intelligentemente sceglie di fare senza arroganza, ma con gentilezza, leggerezza.

La tua “montagna incantata”.

Le montagne le conosco da alpinista pigro. Non ho mai avuto la pretesa di scalarle, più affascinato dalla loro presenza, una frontiera dell’immaginario al tempo stesso concreta; per questo nel cinema sono perfette. Il nostro non voleva essere un film sull’alpinismo, né una biografia, per aprirci a valori in grado di parlare oltre, tra tensione verso l’assoluto e quotidianità: una tragedia in senso classico, dove Gabriele è l’eroe e Ninì la musa, ma anche l’autrice della storia. Suo quel bellissimo aforisma sulla passione per le Alpi come “indizio di un tempo inquieto che gusta il piacere ai margini della sofferenza”. Tutt’ora vero.

Di cosa parliamo quando parliamo di” Ninì e Gabriele.

Ovviamente ci siamo chiesti come fosse l’amore all’epoca, fino alla questione più comune, faranno sesso? A volte nei diari sono così attuali. Davanti alla cinepresa giocano coi film dell’epoca, improvvisando una pantomima da innamorati. Nei diari in breve “la signorina Pietrasanta” diventa Ninì, come Pointe Ninì a lei dedicata. Gabriele vuole esternare il suo sentimento, ma quando prova a dirlo a se stesso, cosa buffa, non riesce. Durante la tempesta si accorge di sentire qualcosa che va ben oltre la responsabilità del capocordata per la sua seconda, ma ha paura di lasciarsi andare. Noi diremmo, piangi, sfogati, ma lui da uomo non si sente legittimato a farlo. Era un poeta, come scalatore e pianista, ma non riesce mai a dire, io amo questa donna.

A te, Raffaele, chiedo dell’incontro con queste scritture.

Per il teatro mi è capitato di lavorare su testi non miei. Di solito in questi casi cerco di non scrivere “sopra”, per trovare un principio di composizione. Qui, con Gigi, dopo una strada già lunga insieme, dovevamo scolpire una storia tra foto, filmati e diari. Gabriele e Ninì avevano personalità e scritture diverse. Lei più fiorita, anche troppo per la nostra sensibilità, una fontana che spruzzava vita, lui “schivo”, grande raccontatore di fatti e dettagli, con frammenti di interiorità in filigrana.

E il lavoro di tessitura?

Ho letto 2 volte i testi separatamente, poi però abbiamo lavorato con diari filmati foto, tutto nella stessa stanza! – mettendoli prima in relazione cronologicamente, poi facendo prove per farli interagire, anche con il piano auditivo. Come in un altro lavoro di Gigi, ci siamo mossi senza vincolo di corrispondenza tra voce e immagine; al tempo stesso non volevamo imprimere una idea forte ai materiali. E Lorenzo ci è stato accanto, lasciandoci liberi …

Un quadro fa da prologo e “Cassandra”.

Si lega alla scoperta d’archivio più forte. Una lettera di Evangelina Alciati, madre di Gabriele, pittrice torinese del quadro, una storia complessa alle spalle (aveva cresciuto da sola il bambino avuto dal pittore Anacleto Boccalatte, senza che i due fossero sposati), il racconto di un suo momento di preveggenza sul destino del figlio, mentre dipingeva tombe a Courmayeur. In un primo tempo abbiamo costruito tutta la struttura del film intorno a questo elemento. Poi, come spesso accade, ti ritrovi a togliere proprio ciò a cui più tieni. La voce di Evangelina avrebbe creato una rottura linguistica. Credo però sia rimasto un senso tragico di destino, su cui a lungo ci siamo interrogati.

Ancora su “la tempesta”.

È il cuore drammaturgico del film, ci abbiamo lottato per mesi. Non saprei se ho compiuto un percorso, ho conosciuto 3 persone, con tutta la parzialità che c’è nella parola “conoscere”. Grazie a loro si è radicata dentro di me una domanda. Che cosa vuol dire amare, quali incastri possono trovare desiderio e responsabilità, possesso e libertà, accettare l’altro l’altra com’è.

In questo il loro amore non è per nulla datato …

maria_grosso_dcl@yahoo.it

NOTE BIOGRAFICHE

Gigi Giustiniani, filmmaker di origini piemontesi, vive a Milano. Tra i suoi lavori, Montagna dei vivi (013), La Casa del drago (05). Raffaele Rezzonico, autore tra teatro e documentario, ha curato gli spettacoli L’insonne e La morte di Ivan Il’ic (regia C. Autelli, prod. Crt), Milena (monologo per Elisa Bottiglieri) … Alla scrittura e al montaggio di Ninì ha collaborato Andrea Graglia, filmmaker. Il contrappunto musicale, oltre a Schubert e Eduardo Souto, è di Laura Ortman, newyorkese (Apache White Mountain). “Volevo una melodia che ti prendesse per mano, portandoti da una montagna all’altra, l’ho trovata nella musica di Ortman”. Voci, pianoforte e mix audio del doc, Raffaele “Nedagroove” D’Anello. A produrre anche Valle D’Aosta Film Commission e 70 produttori dal basso. Trento FF è diretto da Luana Bisesti, sezioni Sergio Fant e Laura Zumiani. N. Pietrasanta, Pellegrina delle Alpi, è edito da Vallardi (‘34). G. Boccalatte, Piccole e grandi ore alpine, è edito da Ripalta (‘39).