Ancora oggi, malgrado l’immensa mole di studi, letture e ipotesi interpretative, l’opera di Nikolaj Gogol’ rimane per molti aspetti un enigma, come enigmatico appare tutto il «fenomeno Gogol’», a partire dalla sua persona e dalle vicende della sua biografia. Eppure, già subito dopo la sua morte uscirono pubblicazioni di carattere documentario e memorialistico che tendevano a sviscerare ogni dettaglio della sua vita, del suo carattere, delle sue convinzioni e manie, mettendo in luce gli aspetti più o meno eccentrici se non patologici della sua relazione con il mondo.

In Russia, grazie a una consolidata tradizione, si raccolgono in specifiche collane editoriali i ricordi dei contemporanei sugli scrittori nazionali e, naturalmente, anche Gogol’, fin dalla sua scomparsa, fu oggetto di molti contributi memorialistici.

Tradotto da poco, Nikolaj Gogol’ nei ricordi di chi l’ha conosciuto (a cura di Giovanni Maccari, Quodlibet, pp. 458, euro 19,00) raccoglie un’ampia scelta di memorie sullo scrittore russo, comprese in una storica antologia del 1952, Gogol’ nei ricordi dei suoi contemporanei, ed è accompagnata da un dettagliatissimo saggio introduttivo dello stesso Maccari. Tra i testi antologizzati, il lungo scritto di S.T. Aksakov, autore di una celebrata Cronaca famigliare magistralmente offerta al lettore italiano anni addietro da Serena Vitale, e l’altrettanto vivace testo di di P.V. Annenkov, letterato, editore e memorialista che conobbe tutti i più importanti scrittori russi, da Puškin a Turgenev fino a Tolstoj e che qui si concentra su Gogol’ a Roma nell’estate del 1841.

Dalle tante testimonianze presenti nell’antologia si va delineando un’immagine dello scrittore russo da diverse prospettive, ora tragica, ora comica, ora terribile, ora patetica, ma anche grandiosa nella sua indecifrabilità. Le letture in pubblico che Gogol’ offrì delle sue opere, specie del Revisore e delle Anime morte, incantavano tutti i memorialisti, anche per la dolce inflessione ucraina, mentre le stranezze, le idiosincrasie dello scrittore, creavano continui equivoci e incomprensioni. Dei racconti su Gogol’ colpiscono l’ipocondria, la difficoltà di mettersi in relazione con gli altri, perfino la misoginia, l’imprevedibilità delle brusche decisioni, gli atteggiamenti teatrali aiutati da un gusto eccentrico nell’abbigliamento e il suo rapporto ora vorace, ora raffinato nei confronti del cibo.

Nel suo saggio introduttivo Maccari ci offre una ricostruzione articolata e convincente dello svogersi della vita dello scrittore, dalle sue origini ucraine, dagli esordi letterari all’aspirazione ad affermarsi come attore, passando attraverso una paradossale esperienza di professore di storia, fino agli anni sofferti e contraddittori del successo letterario, delle tante fughe che lo portarono fra l’altro a ripetuti soggiorni romani, fino al declino. Fra gli episodi raccontati, i tanti roghi veri o presunti dei manoscritti delle Anime morte, le crisi mistico-religiose e il viaggio a Gerusalemme, che accompagnarono la stesura, la pubblicazione e la diffusione dei Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici, opera profondamente reazionaria, fondata sull’esaltazione della famigerata triade dello zarismo: autocrazia, ortodossia e spirito popolare.

Altrettanto misteriose, la malattia, l’agonia e la morte di Gogol’, sulla quale ci resta la fondamentale testimonianza del suo medico A. Tarasenkov. Fra i misteri e i colpi di scena cui ci introduce l’appassionata ricostruzione di Maccari, la fobia di Gogol’ circa la possibilità di essere seppellito vivo e le narrazioni novecentesche sulla riesumazione della sua salma.