«Nikissame! Nikissame!», «Abbiamo vinto! Abbiamo vinto», festeggiavano ieri i greci radunati nei vari centri elettorali di Syriza ad Atene, a Salonicco, dal nord al sud del paese.
Una svolta radicale, un vento progressista in Grecia, un messaggio per un’altra Europa da riflettere al resto del vecchio continente.

Alle 7 di domenica sera, subito dopo la chiusura delle urne, la buona notizia: Syriza appariva chiaramente come il partito vincente, secondo i primi exit-poll. La sinistra radicale ha ottenuto una vittoria di dimensioni storiche in Grecia, in Europa, raccogliendo tra il 35,5% e il 39,5% con 146-158 seggi, senza avere la certezza di poter formare un governo monocolore.

Sconfitta la Nea Dimokratia che raccoglieva, sempre secondo gli exit-pool, tra il 23% e il 27% con 65-75 seggi.

Nelle elezioni più importanti degli ultimi decenni, ha vinto la speranza nel cambiamento e con essa la dignità, l’ orgoglio per il giorno dopo di un popolo che ha subito tanti sacrifici negli ultimi anni.

Hanno vinto la democrazia, la giustizia sociale, la solidarietà.

Hanno perso la paura promossa dai conservatori, dai creditori internazionali, da chi vede nelle sinistre il diavolo rosso; hanno perso tutti coloro che nel nome di un risanamento economico del Paese hanno provocato questa crisi umanitaria senza precedenti, la recessione, la depressione collettiva, la violazione di leggi e di vite umane.

Verso le 10 di sera i risultati non erano ancora definitivi. 36,5% per il Syriza con 150 seggi, 27,7% per i conservatori della Nea Dimokratia con 76 seggi.

Al terzo posto i nazisti di Alba dorata (Chrysi Avghi) con 6,3% e 17 seggi, il Fiume (To Potami) con 5,9% e 16 seggi, i comunisti del Kke con 5,6% e 15 seggi, il Pasok con 4,8% e 13 seggi e i Greci indipendenti (Anel) con 4,7% e 13 seggi.

Non sono riusciti a superare la soglia del 3% e rimangono fuori dal parlamento il Movimento dei socialisti democratici, fondato dall’ ex premier Yorgos Papandreou (2,5%, la Sinistra democratica, gia componente del Syriza e ex partner del governo di coalizione di Antonis Samaras (0,5%) e Antarsya, formazione della sinistra (0,6%).

Oltre alla preoccupazione che ha provocato a tutti il mantenimento della forza elettorale dei nazisti, la domanda che si poneva fino a tarda serata era se Syriza sarebbe riuscita a formare un governo monocolore e in secondo luogo se Alexis Tsipras avrebbe preferito una maggioranza debole (150-151 seggi sui 300) e la diminuzione della sua forza di trattattiva nei confronti dei creditori internazionali, oppure una collaborazione con un’ altra forza politica che di fatto avrebbe limitato la sua forza politica nell’applicazione del suo programma.

«Faremo un altro invito al Kke» ha detto Dimitris Stratoulis, dirigente del Syriza, «ma se continuano a rispondere negativamente, tratteremo con altre forze politiche».

Secondo fonti di Syriza, la sinistra radicale esclude ogni collaborazione con le forze pro-memorandum (Nea Dimokratia, Pasok, To Potami), lasciando aperta l’ eventualità di una cooperazione con i Greci indipendenti, il partito di destra nazionalistico, l’ unico ad essere chiaramente anti-memorandum.

A parte le eventuali alleanze post-elettorali, a sentire i dirigenti di spicco del Syriza ai talk-show televisivi «i greci, e non solo quei che hanno votato per la sinistra radicale, hanno preso una grande boccata di ossigeno». Non certo tutti, ma almeno una parte sono consapevoli delle difficoltà, che il nuovo governo dovrà affrontare; ma a sentire questa gente che ieri gridava vittoria per le strade di Atene, «Tsipras durante i negoziati con la troika avra un ottimo alleato».

Piena soddisfazione tra gli attivisti della «Brigata kalimera» radunata in piazza Klathmonos nel pieno centro di Atene.

Smentita la telefonata di Matteo Renzi a Tsipras, mentre la prima reazione da Berlino è arrivata da Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, la Banca centrale tedesca, da sempre custode del rigore del bilancio e avversario di Mario Draghi, il quale ha detto con toni minacciosi che «gli aiuti economici verso Atene continueranno soltanto se la Grecia rispetta i patti». La risposta di Syriza è stata immediata. «Parleremo e tratteremo a livello politico con la leadership europea, non con i suoi rappresentanti» ha detto ieri il vice-presidente dell’ europarlamento, Dimitris Papadimoulis, anticipando l’ atteggiamento del nuovo governo di Atene nei confronti della troika (Fmi, Ue, Bce).

Il risultato ottenuto dalla Nea Dimokratia difficilmente sarà gestito dal premier uscente Antonis Samaras. Samaras ha usato un linguaggio nazionalistico adottato pure da Alba dorata, come per esempio lo slogan della campagna elettorale «patria, religione, famiglia» che ha fatto allontanare molti elettori di destra.

Problemi e lamentelle si sono sentite ieri anche nel quartier generale dei socialisti del Pasok. Il vice-presidente del governo di coalizione e leader del Pasok, Evanghelos Venizelos probabilmente si allontanerà, ma «non come sconfitto» secondo i suoi stretti collaborattori.