Non c’è più l’essere umano sulla Terra, estinto durante le antiche guerre contro le bio-macchine prodotte da alieni invasori. I pochi superstiti della specie si sono rifugiati sulla luna, lasciando combattere la loro guerra per il pianeta perduto a un esercito di androidi antropomorfi. Questo è il tappeto su cui poggia la complessa, gigantesca struttura narrativa di Nier Automata, il nuovo lavoro di Yoko Taro per Playstation 4 e PC. Solo un tappeto, comunque, la cui trama ingannevole di parole e immagini è destinata ad essere spazzata via del vento apocalittico di una storia che continua a mutare, confutarsi e inventarsi nuovamente per rivelarsi in tutto il suo cosmico pessimismo solo ai giocatori che riescono infine a orientarsi in questo tragico labirinto numerico senza cedere alla possibile noia della ripetizione, delle difficoltà e della sconsolata tristezza che cola lacrimosa dai funerei pixel che la compongono.

Nier Automata possiede l’umorismo di un epitaffio, non contempla il più vago lume di speranza salvo la vaga illusione di questa e nemmeno la sensualità spinta dei corpi di alcuni androidi risulta erotica e balsamica, anzi alimenta la malinconia verso una perduta carnalità e denuncia quasi oscenamente la disperazione di un desiderio inappagabile.

Il giocatore può pensare quindi che questo Nier Automata sarebbe meglio lasciarlo a prendere polvere su qualche scaffale, perchè la vita sa essere già abbastanza deprimente, tuttavia si perderebbe una delle più profonde opere di fantascienza del nuovo millennio, un esempio di esistanzialismo sci-fi la cui portata filosofica è comparibile, nei territori del videogioco, solo ai lavori di Tetsuya Takahashi (Xenogears e Xenosaga I,II, III) ma che andrebbe conservata e studiata accanto ai testi di Shopenahauer, Nietzsche, Jaspers e Heidegger per le sue speculazioni sull’essere, sull’essenza e sull’assurdità di un’esistenza votata alla morte.

E qui un altro dubbio potrebbe sorgere nel giocatore, magari colto, ma che la filosofia preferisce studiarsela sui testi originali invece che in un videogioco con il quale vorrebbe solo divertirsi e mettere alla prova i propri riflessi. Si sbaglierebbe ancora, il nostro giocatore, perchè Nier Automata nasce dalla collaborazione di Yoko Taro con Platinum Games, i maestri nipponici del gioco d’azione responsabili di meraviglie al cardiopalma come Bayonetta, Madworld e Vanquish. Nier Automata è un gioco d’avventura e azione, con leggeri elementi ruolistici, che possiede una giocabilità, frenetica e strategica insieme, efficace, precissima e sempre mutante, così come lo è la storia narrata.

Quando iniziamo a giocare (già più tetri grazie alle parole con cui si inizia: Tutto ciò che vive è programmato per finire, siamo perennemente intrappolati in una spirale infinita di vita e morte…) controlliamo una navetta trasformabile in un esoscheletro da battaglia durante una situazione ludica che riconduce ai primordi dello sparatutto spaziale a scorrimento da sala-giochi. L’inizio di Nier Automata rimanda quindi all’alba del videogame. Poi le meccaniche ludiche cambiano, così come i punti di vista atttraverso i quali percepiamo l’azione: isometrici, laterali e in tre dimensioni come nei videogame contemporanei, che sarà poi la visuale di quasi tutto il gioco. In poco meno di un’ora sperimentiamo stili e registri ludici differenti fino alla micidiale battaglia contro un colossale super-robot che sorge titanico dagli abissi. Durante questa massacrante sezione può capitare di incappare nel Game Over, soprattutto se si gioca nelle modalità più difficili. Immaginiamo, viziati dalle consuetudini comode della modernità videoludica, di ripartire proprio prima dell’evento fatale. Invece no! All’inizio del gioco non si può salvare la posizione e dobbiamo ricominciare tutto da capo fino a che non completiamo con successo tutto il lungo segmento. Solo dopo sarà possibile utilizzare i “save-point”. Yoko Taro decide di farci da subito temere e odiare la morte, qui nella forma di Game Over, e di farci intuire la sua ineluttabilità anche in un ambito generalmente considerato uno “spensierato” se non scellerato e infecondo intrattenimento.

Nier Automata, dopo questo preludio così teorico, prosegue con una struttura ludica più convenzionale. Per qualche tempo, almeno. Controlliamo la bellissima, come un crisantemo, androide chiamata 2B esplorando i ruderi di antiche città, foreste dagli alberi immani dove soggiornano bio-macchine pacifiste e deserti nella cui sabbia rovente affoga la civiltà. Arriviamo così allo scontro finale, vinciamo e partono i titoli di coda e se ci illudiamo di avere finito Nier Automata facciamo un grave errore. Dobbiamo ricominciare, questa volta controllando un altro androide, dal nome di 9S, il compagno di 2B. Viviamo le stesse vicende ma già cominciano ad introdursi spietati colpi di scena. Finiamo ancora una volta. E si comincia di nuovo, ma realizziamo che la seconda metà del gioco inizia solo adesso e la storia prosegue verso esiti inaspettati. Sono già trascorse quaranta ore di gioco e ce ne vorrano altrettante per completare questo straziante mosaico fino alle sue estreme conseguenze.

Eppure, malgrado talvolta possa risvegliarsi lo spettro della noia dovuta al ripresentarsi di situazioni simili, è inevitabileche sorga impellente il desiderio di proseguire, perchè Yoko Taro e gli artisti che hanno lavorato con lui non negano mai le soprprese e ci stravolgono con un climax dietro l’altro, ci atterriscono con drammi perpetui, ci dimostrano che gli automi di cui cantano l’epopea sono “più umani degli umani”. Inoltre Nier Automata è supportato da un colonna sonora dalla vastità stilistica, armonica e melodica smisurata, una partitura colossale composta da Keiichi Okabe che contrappunta le vicende e l’azione adeguandosi per esaltarle e donargli un’ulteriore profondità emozionale e stereofonica.

E’ innegabile che se comparato ai prodigi visivi ammirati in Horizon Zero Dawn o in altre opere di punta per Playstation 4 l’impianto grafico di Nier Automata risulti sottotono, poichè sembra appartenere alla generazione precendente di console. Ma non importa perchè, se si escludono rarissimi panorami meno ispirati, il magistero artistico con cui sono disegnati gli scenari e chi li popola va oltre la potenza bruta di motori grafici più sofisticati, restituendoci visioni magnifiche e inquietanti.

Yoko Taro e Platinum Game hanno scritto e disegnato un’opera che è solo illusoriamente di nicchia, come un tempo venne considerata per pochi la grande fantascienza di Simak, Sturgeon o Dick. E il pubblico, rivelendosi illuminato, ha premiato il loro lavoro poichè Nier Automata ha già venduto più di un milione di copie. Siamo lontani dai record dei blockbuster ma è un segno degno di nota non solo perchè dimostra che un’arte videoludica matura e profonda è persino vendibile ma perchè ribadisce la consapevolezza e la cultura di quei videogiocatori che sono cresciuti o stanno crescendo con essa.