Ci mancava solo Nigel Farage per scaldare ancora di più gli animi. La decisione di Grillo di volare a Bruxelles per incontrare il leader dell’Ukip non è piaciuta a molti parlamentari del M5S, già con i nervi a fior di pelle per la bocciatura delle urne e adesso costretti a ingoiare anche il rospo di una possibile alleanza con la formazione inglese, celebre non solo per il suo antieuropeismo ma anche per le sue posizioni xenofobe. Boccone di per sé già duro da ingoiare, ma reso ancora più amaro dalla scoperta che l’incontro, che in realtà sarebbe dovuto restare segreto, è stato deciso da Grillo senza consultare la rete. «Ma come, quando si è trattato di incontrare Renzi, Beppe ha fatto tante storie e preteso che si pronunciassero gli attivisti e per parlare con un personaggio come Farage no?», si chiedeva ieri un deputato che non figura neanche tra i dissidenti del movimento.
In queste ore il M5S è come una pentola che ribolle in continuazione. Per la prossima settimana, forse già lunedì, è prevista una riunione congiunta dei gruppi parlamentari di Camera e Senato per fare la prima analisi del voto, ma nel frattempo sono parecchie le voci critiche che si sono levate contro i vertici per come hanno condotto la campagna elettorale e non sono mancate richieste esplicite a Grillo e Casaleggio di farsi da parte. Come ha fatto, ad esempio, il deputato Tommaso Currò.
Un anticipo di quanto potrebbe avvenire lunedì si è avuto intanto ieri sera a Montecitorio, dove i deputati a cinque stelle si sono visti per un primo confronto. E più di uno ha posto la questione se, visti gli errori delle ultime settimane, sia ancora opportuno che a condurre la campagna per i ballottaggi (il M5S corre per la conquista di 12 comuni), siano ancora Grillo e Casaleggio.
Sulla riunione hanno però pesato – e non poteva essere altrimenti – le ultime esternazioni del leader. Che dopo aver preso un malox per digerire la sconfitta, ieri si è rimangiato tutto. «La nostra affermazione è stata trasformata in una sconfitta storica, una Caporetto, una Waterloo», ha scritto sul blog. Invece lui è convinto che l’aver perso circa 3 milioni di voti in un anno sia stata un’affermazione del Movimento. «Siamo la prima forza di opposizione in Italia, in attesa di diventare forza di governo. La maggioranza relativa degli italiani che hanno fra 18 e 29 anni vota M5S. E’ solo questione di tempo». Ma il leader non ha neanche rinunciato all’insulto, definendo quanti hanno chiesto le sue dimissioni, come dei «miracolati della politica». Chiaro riferimento a Currò. «Miracolato? E perché? Non si possono esprimere critiche a Grillo?», è la replica del deputato. «Che si sarebbe dimesso lo ha detto lui, io ho fatto una considerazione sulle sue parole».
Le parole di Grillo servono però soprattutto a rincuorare i parlamentari più fedeli, ancora disorientati dall’esito delle urne. E indicano quella che prevedibilmente sarà la linea del movimento per il futuro: nessuna marcia indietro, nessuna autocritica ma soprattutto nessun dialogo con la maggioranza sulle riforme, con l’intento probabilmente di stroncare sul nascere le aperture in questo senso manifestate dopo il voto da più di un parlamentare pentastellato.
L’incontro con il leader dell’Ukip Nigel Farage va in questa stessa direzione decisa dal leader. Anche se non manca di suscitare dubbi e polemiche, e non solo tra dissidenti. «Noi abbiamo idee anti-austerity e vogliamo rivedere il fiscal compact, confrontarci su questione che vanno a incidere sull’economia reale del paese. Non siamo xenofobi. Ricordo che è grazie a noi che è stato abolito il reato di immigrazione clandestina», dice ad esempio il capogruppo alla Camera Giuseppe Brescia. «Farage a me non piace, e non penso proprio di essere l’unico a pensarla così», conferma Currò.
Tutti, però, sono convinti che dovrà essere la rete a decidere se fare o meno gruppo comune con l’Ukip e gli altri euroscettici di destra. Certo. Intanto Grillo va avanti come al solito per la sua strada e ha già annunciato che incontrerà ancora Farage nelle prossime settimane. Non ha detto, però, che sentirà prima cosa pensano gli attivisti.