L’articolo 192 della legge di bilancio, finalmente arrivata in senato, contiene una sorpresa: d’ora in poi se non si prova il pagamento per intero e correttamente del contributo unificato (che è la tassa che sui ricorsi civili, amministrativi e tributari) la causa non può essere iscritta a ruolo. Siccome per i ricorsi ci sono quasi sempre dei termini tassativi da rispettare, questo vuol dire che il diritto alla giustizia è subordinato al pagamento. Fino ad ora, anche da quando una ventina d’anni fa è stata introdotta questa tassa spesso molto alta come forma di deterrente e per fare cassa, la causa è stata sempre e comunque iscritta a ruolo. Al ricorrente insolvente viene notificato un invito a mettersi in regola o una cartella esattoriale. Anche perché il calcolo del contributo non è semplicissimo: in alcuni casi è escluso, in altri è dovuto in misura ridotta, qualche volta è dovuto in misura fissa e qualche altra volta è legato al valore della causa (che non sempre è conoscibile in partenza). La novità contenuta nella legge di bilancio ha sollevato immediate proteste degli avvocati. Sulle spalle dei quali probabilmente finirà col pesare, perché per avviare il ricorso saranno obbligati a fornire la prova del versamento, quindi ad anticipare la somma dovendosi poi rivalere sui clienti.

«L’accesso alla giurisdizione deve essere assicurato a tutti, senza discriminazioni di censo – ha detto il presidente dell’Organismo congressuale forense, Malinconico – chi ha meno disponibilità economiche potrebbe rinunciare a chiedere giustizia, è il Medioevo». «Il fine è chiaro: arginare, limitare, inibire l’accesso alla giustizia a scapito dei più deboli e caricare di ulteriori responsabilità l’avvocatura», ha aggiunto la presidente del Consiglio nazionale forense, Masi.

Reagiscono anche le forze politiche. Di opposizione, come Fratelli d’Italia che con il responsabile giustizia Delmastro chiede un’immediata correzione della «peggiore stortura della storia della giustizia italiana». Ma anche di maggioranza. Contrario il M5S che con i capigruppo in commissione giustizia e bilancio della camera invitano a pensare «a cosa potrebbe accadere se i contributi unificati non potessero essere pagati per un qualsiasi problema con le marche telematiche e il portale per i versamenti». Chiedono un ripensamento anche i due presidenti delle commissioni giustizia, il deputato Perantoni dei 5 Stelle e il senatore Ostellari della Lega per il quale «la tutela dei cittadini non può essere sottoposta a veti burocratici». Per la responsabile giustizia del Pd, Rossomando, «vanno valutate modifiche al testo». Cosa che a questo punto sembra inevitabile.