Non è bastato l’incontro a cena martedì con il presidente del Consiglio, dopo Enrico Letta anche Giorgio Napolitano ha voluto chiamare a sé il condannato e frastornato Silvio Berlusconi per fargli promettere fedeltà al governo. La rete di protezione dell’esecutivo è ancora nelle mani del presidente della Repubblica; le fonti del Quirinale sottolineano che l’iniziativa del colloquio al Colle di ieri pomeriggio è stata di Napolitano. E non precisano se la convocazione è arrivata ieri o addirittura all’indomani della sentenza del Tribunale di Milano, per tamponare la rabbia del Cavaliere di fronte ai sette anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il Consiglio superiore della magistratura è stato costretto a intervenire per criticare gli attacchi indiscriminati di Berlusconi e dei suoi alla magistratura, nessuno scrupolo invece da parte di Napolitano, presidente del Csm, nel concedere la passerella al Colle a Berlusconi. Un gesto che ai giudici milanesi, convinti della sua colpevolezza, potrebbe anche sembrare di sconfessione. Ma siamo a Roma è la priorità qui è limitare i rischi per il governo delle larghe intese.

D’altronde che Napolitano si stia spendendo al massimo per la tenuta dell’esperimento che vede insieme in maggioranza Pd e Pdl rientra nelle regole di ingaggio. L’ingaggio cioè dello stesso presidente della Repubblica per un secondo, eccezionale mandato. Di fronte al parlamento, Napolitano l’ha definita «la posta implicita» dell’appello che i partiti gli hanno fatto a restare al Quirinale. E due giorni fa, subito dopo la sentenza di Milano, il presidente ha insistito sull’esigenza di «continuità» dell’esecutivo. E Berlusconi, spiegano al Quirinale, ha garantito al presidente della Repubblica il sostegno «suo e del suo partito» al governo. Per una volta il riferimento anche al Pdl non è stato superfluo, visto che falchi e falchetti di quel versante hanno passato le ultime 72 ore minacciando la rottura, o invocandola. «Sarebbe stata la reazione più naturale dire che non si può restare al governo mentre un ordine dello stato, come i giudici, considera il nostro leader un uomo da mandare in prigione», ha spiegato Alfano, prontamente ospitato a Porta a Porta. Il vice presidente del Consiglio è però la colomba numero uno in campo, e dunque incupisce lo scenario solo per sottolineare che splende ancora il sole: «Il governo sta in piedi perché Berlusconi lo vuole», dice lui.

Ma Berlusconi, da qui probabilmente il suo sconforto, sa bene che la golden share non può essere detenuta in ragione di una debolezza. Dunque può solo sperare nella comprovata abilità del Pd nel trasformare un vantaggio nel suo contrario. E in effetti sembra un film già visto la fretta con la quale i democratici stanno coprendo le preoccupazioni di palazzo Chigi e del Quirinale, spiazzando così i sentimenti degli elettori di fronte alla condanna di Milano.

Nel frattempo e dall’altro versante Alfano deve esagerare, e così presenta come «un doppio gol del governo» il semplice slittamento di tre mesi dell’aumento dell’Iva e il preannuncio di incentivi alle assunzioni pagati con nuovi anticipi di tasse. Il segretario del Pdl deve contemporaneamente frenare quanti tra i suoi vorrebbero la crisi subito e sostenere il Cavaliere nella decisione di tirare a campare. A ottobre, però, più o meno quando la strategia del rinvio del governo Letta dovrà misurarsi con la realtà, verranno al pettine anche i nodi del centrodestra. La finestra in cui Berlusconi può scegliere di far precipitare tutto per tornare a farsi incoronare leader dagli elettori non è troppo larga, visto che il Cavaliere non può assolutamente rischiare di farsi trovare fuori dal parlamento nel momento in cui la Cassazione deciderà sul processo Mediaset e sulla conseguente quinquennale cancellazione dalle liste elettorali.

Diversa la piega che sta prendendo il dossier ineleggibilità al senato. Ieri la giunta si è riunita e ha assegnato – sulla base di un criterio «oggettivo» – a un senatore del Pdl, Andrea Augello, l’incarico di relatore per i ricorsi contro Berlusconi. Augello presenterà le sue conclusioni il 9 luglio, ma sarà solo l’inizio di un iter lungo e, visto l’orientamento del Pd, non troppo preoccupante per Berlusconi.