Il 27 ottobre è passato e il governo italiano non ha risposto alla Corte europea per i diritti dell’uomo alla quale si è rivolto Silvio Berlusconi. Se non con una richiesta di proroga, che è stata concessa, e che ha spostato di circa un mese il giorno in cui si saprà cosa pensa l’esecutivo Renzi della legge Severino e della sua «vittima» più eccellente, il Cavaliere. Che, decaduto dal senato nel novembre 2013 per la prima applicazione della legge «liste pulite» (approvata all’epoca anche da Forza Italia), spera di recuperare davanti ai giudici di Strasburgo onorabilità e soprattutto eleggibilità. La sua tesi è nota, si ritiene vittima di una sanzione (la decadenza) applicata retroattivamente (la legge Severino è successiva alla frode fiscale per la quale è stato condannato). L’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani (sulla quale vigila la Corte) stabilisce che nessuno può essere condannato in base a una legge che non era in vigore al tempo in cui sono stati commessi i fatti.

I giudici di Strasburgo hanno preso in esame il ricorso di Berlusconi a luglio, dando 16 settimane di tempo al governo italiano per rispondere ai rilievi della difesa (il Cavaliere è rappresentato a Strasburgo dall’avvocato Andrea Saccucci). La posizione dell’Italia sarà evidentemente decisiva per la risoluzione della causa. Al tempo in cui della legge Severino si parlava in relazione al caso del candidato del Pd alla regione Campania Vincenzo De Luca, il ministro della giustizia Andrea Orlando si era spinto fino a prevedere «un tagliando» per la Severino – naturalmente non legato alle vicende contingenti. Ma meno di un mese fa dalla Corte costituzionale è arrivata una pesante promozione della legge, proprio sul punto che interessa a Berlusconi: non si può parlare di sanzione penale applicata retroattivamente.
Le 16 settimane di attesa a Strasburgo (e ad Arcore) sono state anche 16 settimane di campagna elettorale per il referendum, durante le quali Berlusconi – ufficialmente schierato per il No, al contrario dei suoi più cari amici (Doris, Confalonieri) e delle sue tv – ha brillato per assenza. Anche ieri il suo «ritorno in campo» – un vertice a Roma con Stefano Parisi – non ha prodotto molto di più di una promessa di un videomessaggio con il quale dovrebbe finalmente partire la campagna per il No di Forza Italia.

Al governo italiano questo tempo non è bastato: per prendere una posizione chiara sulla legge Severino ha bisogno di altre quattro settimane durante le quali terrà sulla corda Berlusconi. La vicenda è stata seguita dall’agente italiano titolare presso la Corte, la professoressa Ersiliagrazia Spatafora che dipende dal ministero degli esteri, e non dalla sua co-agente a Strasburgo come in altri casi di minor peso. Spatafora ha chiesto e ottenuto la proroga: Roma si esprimerà solo a campagna per il referendum conclusa. Poi, per la sentenza sulla quale Berlusconi punta tutto, occorrerà aspettare almeno altri due mesi e mezzo per dare tempo agli avvocati di replicare. E al governo italiano di contro replicare.