La delegazione del Movimento 5 Stelle salirà sabato nel tardo pomeriggio al Quirinale. Porterà la posizione che è stata discussa mercoledì sera, in una riunione dei gruppi parlamentari attesa con qualche apprensione per le capriole degli ultimi giorni. Siamo oltre l’ora X del referendum costituzionale, che notoriamente era atteso tra i grillini come il giorno in cui sarebbe scaduta ogni tregua (come dimostrano le tensioni romane precipitate addosso all’assessore Berdini). Si è registrato qualche dissenso e molta confusione ma non poteva che venirne fuori la linea dettata da Beppe Grillo: elezioni il prima possibile, anche con l’Italicum, prontamente ribattezzato «Legalicum» a causa dell’attesa correzione della Corte costituzionale.

Grillo mantiene il comando, ma da dietro le quinte del blog. Per questo con ogni probabilità non sarà a Roma da Mattarella. Ci saranno i capigruppo accompagnati dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio.

Il leader avrebbe voluto prendersi «una pausa» subito dopo il referendum, ma il rischio che le guerre intestine prendano il sopravvento richiede la sua presenza. Il ruolo di pacificatore che una volta era assolto nell’ombra da Gianroberto Casaleggio adesso spetta a lui, che però a differenza del socio co-fondatore si palesa dai monitor. L’idea originaria era di appoggiarsi alle facce note: il consenso tra le truppe romane avrebbe dovuto basarsi sulla cinghia di trasmissione dei parlamentari più rappresentativi. Ma dopo il dissolvimento del direttorio e le fratture che hanno attraversato anche l’unico organismo intermedio riconosciuto dai 5 Stelle gli tocca fare da solo. Ieri, ad esempio, è intervenuto sulla scelta del programma e del candidato per ribadire la (vaga) procedura del M5S.

«La nostra visione è una ed è quella decisa dagli iscritti certificati in Rete – scrive Grillo – Il programma viene deciso dagli iscritti che saranno chiamati a esprimersi online». C’è poi lotta tra Di Maio e Roberto Fico per la leadership. Che non va presa in forma caricaturale, ma segna un primo abbozzo di dibattito pubblico tra differenze dentro al grillismo. Dal M5S cominciano a parlare di queste due candidature anche a taccuini aperti, descrivendo le due prospettive («pragmatica» quella del primo, «ortodossa» per il secondo) dei protagonisti in campo. Grillo però non apprezza e precisa: «Il candidato premier sarà un candidato premier portavoce che proporrà agli italiani il programma di governo 5 Stelle votato in Rete. Chi si candiderà a premier o a parlamentare non si candida a proporre un suo programma, ma si impegna a rendere fattivo il programma deciso in Rete dalla nostra comunità».

Lo spettro di un dibattito tra diversi, insomma, agita Grillo, timoroso che il suo M5S finisca per assomigliare troppo ad un normale partito organizzato in fazioni e diviso da parole d’ordine e beghe di potere. Ancora una volta si rimanda alle (recenti) origini e a quando Casaleggio avvisava i suoi ragazzi di non esprimere posizioni che risultassero troppo «divisive». «Nel Movimento 5 Stelle non esistono correnti – dice ancora Grillo- Abbiamo bisogno di idee condivise, non di opinioni divisive. Chi vuole partecipare alla scrittura del nostro programma di governo e all’individuazione delle persone che lo attueranno, lasci da parte le questioni personali e l’interesse particolare e si rimbocchi le maniche per remare nella direzione che deciderà la nostra comunità». Altrimenti? «Altrimenti si faccia da parte», scandisce il «garante». Che conclude: «Dobbiamo essere uniti e compatti. Un corpo solo, un’anima sola».