Niente nomi e difesa personale e di squadra, non senza gaffe rivelatrici. L’attesissima audizione del presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha deluso le aspettative sia di chi si aspettava i nomi dei due parlamentari – pare uno della Lega (e sarebbe il terzo su 5) e uno di Italia Viva – che hanno chiesto ma non ottenuto il bonus 600 euro sia di chi sperava di metterlo spalle al muro per averne le dimissioni.

L’ASSIST INASPETTATO È ARRIVATO da una nota del quotidiano La Repubblica. Il giornale, che aveva anticipato la notizia dei cinque deputati «furbetti» il 9 agosto, durante l’audizione ha comunicato che l’imbeccata «era arrivata al giornale tramite un’altra fonte» depotenziando dunque la richiesta di dimissioni per la «fuga di notizie» con tempismo pro taglio dei parlamentari.

[do action=”citazione”]I controlli incrociati coi dati del ministero degli interni hanno portato alla scoperta. Il 30 maggio ho informato il Cda. Il 7 agosto la telefonata del direttore di Repubblica[/do]

QUANTO ALLA DIVULGAZIONE dei nomi, Tridico si è trincerato dietro una richiesta di «approfondimento» inviata giovedì al Garante per la privacy, nonostante il suo via libera fosse esplicito. Se la risposta sarà celere, già oggi potrebbe arrivare la comunicazione tramite la commissione.

L’audizione, durata oltre due ore, è stata assai ferragostana, a partire dei problemi tecnici da parte della presidente Debora Serracchiani – «È la conferma che la banda larga è una priorità», ha chiosato la neo presidente di commissione dem – per passare all’inquadratura sghemba della telecamera Inps e al lapsus freudiano di Tridico: a chi gli chiedeva se sulla vicenda avesse allertato il ministero competente, il presidente Inps ha risposto: «Non ho avvertito il ministero degli Esteri» – guidato dall’amico Di Maio – prima di correggersi in «ministero del lavoro».

L’altra gaffe è del consigliere renziano Camillo D’Alessandro che non si sa come ha datato al «5 maggio» la comunicazione di Tridico al consiglio d’amministrazione Inps delle 5 richieste di parlamentari del bonus, mentre Tridico aveva appena dichiarato che fosse avvenuta «il 30 maggio, senza rivelare i nomi».

Entrambe le improvvide sortite lasciano intendere come la circolazione di notizie sia stata ampia e non solo in ambienti Inps. Come anticipato dal manifesto, due giorni fa è partito un audit interno all’Inps sulla fuga di notizie e Tridico ha trascinato nel calderone delle illazioni anche l’Agenzia delle entrate «insieme alla quale facciamo i controlli».

DAL PUNTO DI VISTA DEL RISPETTO della legge, la difesa di Tridico – che si è cautelato volendo vicino a sé sia la direttrice generale Gabriella Di Michele che il capo della «task force» anti frode Antonello Crudo, il responsabile degli ammortizzatori sociali Luca Sabatini, il responsabile della direzione centrale Vito La Monica, tutti però silenti – è stata formalmente solida. Ha spiegato i criteri previsti del decreto per avere il bonus da 600 euro: «partita Iva attiva al 20 febbraio e non essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie». Proprio su quest’ultimo aggettivo – «obbligatorie» – verte gran parte della questione: i parlamentari versano ad un fondo interno ma questo è ritenuto – «dal responsabile ammortizzatori Sabatini» – «integrativo e non obbligatorio, sebbene non sia più un vitalizio».

[do action=”citazione”]Audit interno per scoprire la talpa, altri casi sono stati risolti. Il nostro parere è che i parlamentari potessero averlo perché versano ad un fondo integrativo. Ma la azione è ancora in corso[/do]

La domanda comune a molti commissari è stata naturalmente sul controllo fatto sui parlamentari e sul perché due delle cinque domande siano state rifiutate. Tridico ha risposto in modo convincente: «All’inizio la priorità da noi condivisa era: “Pagare il bonus e a tutti”. Poi è partito il lavoro della task force antifrode che a fine aprile ha, come per altre 40 categorie e con 40 mila domande sospette segnalate, incrociato i dati con l’Open data del ministero dell’Interno, l’unico che detiene la situazione dei parlamentari». Le due domande respinte sono figlie «della presenza dei 2 nomi in altre gestioni previdenziali nei nostri archivi», ha spiegato Tridico. Che invece è sembrato molto più in difficoltà quando ha implicitamente confermato la telefonata con il vicepresidente della camera Ettore Rosato che voleva cautelarsi sulla presenza di un deputato di Italia Viva fra i tre percettori del bonus: «È una questione personale che esula dai lavori della camera», ha risposto.

LA PARTITA «BONUS parlamentari» è comunque aperta, così come quella dei consiglieri regionali: «Sulla fuga di notizie l’Istituto è vittima, ci sono stati altri casi, alcuni risolti dagli audit interi. Tutti i casi segnalati dall’antifrode sono azioni aperte e tutt’ora in corso, il recupero di bonus indebiti può durare anche 10 anni». Chissà per quell’anno quanto saranno i parlamentari.