Il decreto sulle riaperture non verrà deciso prima del prossimo 26 aprile. Sembra esclusa l’ipotesi, che circola da giorni ma senza mai ricevere alcuna conferma neppure informale da palazzo Chigi, di un ritorno alle zone gialle, magari in versione «giallo scuro» cioè un po’ più rigida, già dal 19 aprile. Ieri per tutto il giorno si sono rincorse voci su un incontro fra Draghi, il ministro della Salute Speranza, il commissario Figliuolo e il coordinatore del Cts Locatelli con all’ordine del giorno proprio le riaperture.

Non hanno trovato conferme ma neppure smentite ma la faccenda è secondaria. Di qui al 20 aprile, data fissata per la valutazione della curva epidemiologica, e poi al 26, con il nuovo decreto, di incontri ce ne saranno a volontà. A rendere l’eventualità del vertice di ieri rilevante è proprio la possibilità dell’anticipo delle riaperture, che pare se non del tutto esclusa almeno remota.

AL MINISTERO DELLA SALUTE la escludono tassativamente nonostante la pressione del centrodestra, senza distinzioni tra chi sta in maggioranza e chi all’opposizione. «Dove la situazione è sotto controllo per me bisognerebbe riaprire anche domani», ripete Salvini che torna anche ad attaccare Speranza: «Se abbiamo il record negativo a livello continentale è segno che qualcosa non ha funzionato. Chiedete a Speranza che ha anche trovato tempo per scrivere un libro poi ritirato per vergogna». Il capogruppo di Forza Italia Occhiuto è appena più prudente: «Il tempo dei ristori è finito. Programmare subito le riaperture». Scatenata invece FdI con la leader Giorgia Meloni in campo: «Chiudere bar e ristoranti è più facile che rinforzare il trasporto pubblico».

È propaganda ma fa leva su un malessere che invece è diffuso e reale ma che la Salute commenta con i dati. In 3 settimane l’indice Rt è sceso da 1,4 a 0,92. A questo ritmo non si potrà parlare di riaperture in (relativa) sicurezza prima di due settimane, anche perché resta alta, sia pur in discesa, l’incidenza e soprattutto perché Figliuolo ha detto chiaramente che l’accelerazione del piano vaccini sarà possibile solo dopo la metà di aprile e i risultati non si vedranno dunque prima della fine del mese. Le riaperture a maggio, salvo spiacevoli sorprese, dovrebbero essere certe ma non è detto che siano immediate. Il ministero della Salute punta piuttosto sulla metà del mese magari avvicinandosi con gradualità.

DIVERSO IL DISCORSO per quanto riguarda i protocolli. Palazzo Chigi non smentisce ufficialmente la notizia secondo cui Draghi avrebbe chiesto al Comitato tecnico scientifico di allentare le maglie dei protocolli, «per evitare che le riaperture siano solo di facciata». Da altri palazzi del governo negano che quella richiesta sa mai stata avanzata ma è un fatto che i protocolli dovranno diventare meno rigidi, garantire mobilità all’interno del Paese e in entrata, allentare un po’ la presa su fiere ed eventi a partire da giugno, con l’obiettivo di salvare la stagione turistica.

Il punto più dolente restano i ristoranti e i bar, che dovrebbero riaprire all’inizio solo per pranzo, poi anche a cena, con prenotazione obbligatoria, distanziamento rigido di almeno un metro e tavolate non oltre le quattro persone, salvo che siano conviventi. L’intenzione per ora è quella di avvantaggiare i locali con tavoli all’aperto, certamente più sicuri, ma in questo caso si può dare per certa la protesta furibonda di chi dispone solo di posti al chiuso. Per le piscine dovrebbe essere certa la possibilità degli allenamenti individuali e probabilmente, magari non subito, anche quella di gruppo ma senza uso degli spogliatoi e delle docce.

UN PIANO DI QUESTO tipo smentisce il capogruppo di Forza Italia. I sostegni, al contrario di quanto dichiara Occhiuto, sono e resteranno necessari. Lo scostamento di bilancio verrà portato in parlamento tra il 22 e il 24 aprile. Ieri Draghi e il ministro dell’Economia Franco hanno affrontato il tema senza ancora quantificare una cifra, che però dovrebbe oscillare fra i 35 e i 40 miliardi al massimo. Sono tanti e allo stesso tempo non sono abbastanza. Non solo perché la coperta è corta ma perché non c’è modo di supplire al problema dei rimborsi sul fatturato, dai quali resta escluso giocoforza il «nero», tanto illegale quanto diffuso. Le riaperture a maggio, per molti, sono questione di vita o di morte.