Il mio amico Roberto Tassi, il più sensibile interprete italiano di Nicolas de Staël, raccomandava di astenersi, in linea di massima, dal citare nei propri scritti passaggi troppo belli, perché se le parole altrui sono troppo luminose possono fare impallidire il resto. Eppure, anche Tassi non si tratteneva dal riportare uno dei detti celebri di de Staël, che compare in una lettera dell’aprile 1950 al critico Roger Van Gindertael: «Non si dipinge mai quel che si vede o si crede di vedere; si dipinge a mille vibrazioni il colpo ricevuto, o ancora da ricevere, simile, diverso». Sono, in effetti, parole...