Più che il terremoto, galeotto fu il grande imbroglio mediatico. La balla del «miracolo» berlusconiano che andava bucando gli schermi a reti unificate e agiva come un brainwashing collettivo, anche sugli stessi aquilani. Loro quattro invece malgrado lo shock avevano mantenuto la lucidità. Erano giovani, tutti intorno ai 30 anni: Nello Avellani aveva deciso di lasciare Roma e il suo lavoro a Radio Popolare, e di rientrare nella città natale proprio nel momento più nero della sua storia moderna; Roberto Ciuffini era praticante giornalista; Mattia Fonzi e Alessandro Tettamanti vagavano nel mondo dei free lance mentre mettevano radici nei movimenti nati subito dopo il terremoto. «Era il marzo 2013, un momento di transizione: era scesa l’attenzione mediatica e anni di protesta avevano fiaccato la popolazione, malgrado la ricostruzione del centro storico fosse ancora ferma (inizierà solo alla fine del 2013). A noi indignava come i media avevano raccontato i primi anni, i più difficili, le manifestazioni per togliere le macerie dal centro storico, i ritardi, la zona rossa…».

A PARLARE È NELLO Avellani, oggi direttore responsabile di News Town, un portale di notizie e cultura nato negli anni immediatamente successivi al sisma e che ha saputo crescere in questi dieci anni, diventando da un lato il punto di riferimento top per l’informazione sulla «città che cambia» e dall’altro una sorta di laboratorio espressivo e politico attorno al quale si sono coagulate intelligenze, esperienze e creatività delle ultime generazioni aquilane.

Quel terribile sisma alle 3:32 del 6 aprile 2009 ha sovvertito la vita di tutti. A volte ha mandato in frantumi legami che sembravano eterni, altre volte ha rinsaldato fratture date ormai per definitive. «È successo anche a tanti della mia generazione: molti erano andati via per aprirsi al mondo e per trovare migliori opportunità lavorative, ma dopo il terremoto tutto è cambiato. Quando la tua città sparisce senti proprio un vuoto, e il bisogno insopprimibile di tornare».

Raccontare L’Aquila in quegli anni, comunque, era molto interessante dal punto di vista giornalistico, ricorda Nello. I riflettori di mezzo mondo, gli aiuti internazionali, cento mila sfollati, lo spopolamento, il G8, Obama e George Clooney, i set dei film cinematografici, il turismo delle macerie, le rivolte delle «carriole», le 19 «new town» con le C.a.s.e. munite di piattaforme «antisismiche» con cui Berlusconi fece arricchire qualche costruttore suo amico. E poi il grande business della ricostruzione, il cantiere più grande d’Europa.

Loro quattro cercavano di adattarsi alla nuova vita, come tutti, chi nel progetto case, chi in affitto, chi nella propria abitazione restaurata. «Come abbiamo trovato i soldi? Non li abbiamo trovati – ride Nello -. Fondammo una società srl semplificata, con 100 euro a testa e un piccolo contributo dell’associazione aquilana Hatha Ciudad che ci finanziò una sezione sul sito da dedicare all’università. Facemmo una grande festa per raccogliere fondi, e per i primi tempi tenemmo aperta una campagna di raccolta continua, Sostieni la tua voce. La redazione era una stanza nella sede di alcune associazioni socio-politiche che erano riuscite ad entrare in consiglio comunale. I primi anni non si riusciva a tirare fuori uno stipendio, ma per noi non è mai stato solo un lavoro, è una passione».

«Lavoravamo alla pari – continua Avellani – aprendoci il più possibile all’esterno, dando spazio a chiunque volesse scrivere. E avevamo la stessa visione di giornale: dare priorità agli approfondimenti, alle inchieste, ai lavori delle commissioni e dell’assemblea consiliare, anche se questo significava “bucare” qualche notizia». La linea editoriale e il modo di lavorare in team, «con un confronto continuo», non sono cambiati neppure oggi che, dopo tanti traslochi, travagli e una lunga serie di ottime inchieste, in redazione sono rimasti in tre (Nello, Roberto Ciuffini ed Eleonora Fagnani) e la sfilza di collaboratori si è allungata. «La primissima inchiesta con cui aprimmo il giornale, e che ci ha portato notorietà, seguiva le gesta di alcuni imprenditori molto noti della città che prima del sisma avevano stretto accordi con il Comune per ottenere concessioni edilizie in cambio di opere di urbanizzazione mai realizzate. Abbiamo dimostrato che quegli imprenditori spesso erano anche i finanziatori delle campagne elettorali di alcuni politici locali».

Non solo ricostruzione, dunque: «Abbiamo seguito a lungo la questione dell’aeroporto aquilano, che era destinato all’aviazione turistica e che era presidio di Protezione civile ma venne trasformato dall’amministrazione di centrosinistra in aeroporto commerciale (aperto nel novembre 2013 e chiuso nell’aprile 2015, ndr). Indagammo sulla società che lo ebbe in gestione, e questo ci causò non pochi problemi». «Un’altra inchiesta su cui abbiamo lavorato molto e che aprì la via alle indagini giudiziarie – prosegue il direttore responsabile – riguardava una società insediatasi all’Aquila dopo il terremoto che aveva ricevuto un finanziamento pubblico di 11 milioni di euro, soldi prelevati dal fondo destinato alla ricostruzione del tessuto economico e sociale della città: abbiamo scoperto che quella società aveva dei trust schermati a Cipro». Ed è ancora dal giornale News Town che i quotidiani nazionali hanno appreso delle «intercettazioni telefoniche che incastravano un assessore comunale e alcuni personaggi influenti aquilani impegnati a tentare di sfruttare i fondi e le norme in favore dei terremotati». Il titolo era «L’Aquila città aperta», e fruttò alla redazione una pioggia di querele. Che si aggiunsero alle precedenti. «Tutte archiviate, però tranne una», riferisce il direttore responsabile. Sarà stata fortuna, come la chiama Avellani, o capacità di interagire con la società attorno, fatto sta che questa redazione ha sempre avuto assistenza legale gratuita e una rete di protezione non indifferente, in città, «perché ci hanno sentiti parte integrante di una comunità che si stava ricostruendo».

OGGI News Town frutta perfino uno stipendio ai suoi redattori, grazie alla pubblicità locale, ai progetti realizzati nel campo della comunicazione che si avvalgono di finanziamenti specifici, e alla pubblicazione di libri come All’opera, finanziato dall’Ance che nel 2016 raccontava le storie degli operai che stanno ricostruendo L’Aquila. «Ma la tranquillità economica l’abbiamo raggiunta con l’arrivo, un anno fa, di due imprenditori, Franco Romano e Giuseppe Valente, che si occupano di edilizia ma che non hanno mai esercitato pressioni. D’altronde, abbiamo sempre detto agli impresari edili aquilani, che stanno guadagnando così tanto, che qualcosa avrebbero dovuto restituire alla città».

Una città che è diventata solo periferia, talmente disgregata da lasciar supporre una trasformazione totale del tessuto sociale, altrettanto sradicato. «Forse da un lato c’è stato un abbrutimento dovuto all’isolamento – conferma Avellani -. D’altronde c’è una generazione di ragazzi che è cresciuta nei centri commerciali e non ha mai visto una scuola in muratura. Ma c’è un rovescio della medaglia: la nascita di associazioni e movimenti, per reazione, ha reso la città molto più interessante di prima. L’Aquila, centro delle istituzioni culturali è diventata dopo il sisma un pullulare di mille piccole realtà e spinte culturali che si muovono in ogni direzione. È come esplosa la voglia di partecipazione, e l’interesse alla vita politica cittadina».