Collaterale al conflitto sul terreno ve ne è uno altrettanto importante a livello mediatico, tra negazione e minimizzazione da parte marocchina e necessità di visibilità dal lato saharawi.

Una delle realtà più interessanti in tal senso è la Nushatta Foundation for Media and Human Rights, una non-profit attiva dal giugno 2013 esclusivamente nei territori occupati e da qualche tempo anche nei campi profughi. Abbiamo incontrato Salah Labssir, uno dei principali attivisti-giornalisti dell’agenzia stampa: «Sono nato nella città occupata di Smara – racconta – dove ho studiato e iniziato il mio percorso di attivista per i diritti umani. Nel giugno 2015 sono stato arrestato per aver partecipato alle manifestazioni in favore dell’indipendenza del Sahara Occidentale. Ho passato quattro anni in carcere, durante i quali mi hanno torturato ripetutamente con punteruoli elettrici, mi hanno bastonato, frustato e appeso con una corda. Lasciandomi in isolamento, negandomi le cure mediche e le visite dei miei familiari».

Dopo essere riuscito a raggiungere i campi profughi, Lassbir da rifugiato politico ha iniziato a lavorare con Nushatta Foundation come giornalista e montatore video, in coincidenza con la ripresa della guerra, il 13 novembre 2020: «L’obiettivo di Nushatta è trasmettere professionalmente il messaggio di libertà del popolo saharawi. Ci lavorano colleghe e colleghi, oltre che dai campi e dalle città occupate, anche dalla Spagna. Siamo come un alveare: ognuno di noi usa la propria creatività, mettendola a disposizione degli altri, intercambiandoci nei vari ruoli. Certo, lavoriamo con strumenti molto basici e dobbiamo ancora migliorare, ma riusciamo comunque a diffondere il nostro messaggio».