Alec Ounsworth ha sempre fatto a modo suo. Tutta la sua carriera con i Clap Your Hands Say Yeah (e quella da solista) è stata sempre improntata all’indipendenza nella realizzazione e nella distribuzione dei suoi lavori. E anche oggi che è rimasto l’unico membro della band, quest’ultimo album, New Fragility, non fa eccezione. Sono state proprio l’indipendenza e l’autonomia a segnare il suo successo 15 anni fa, con l’album omonimo, e a fargli guadagnare un posto d’onore nello scenario dell’indie rock.

QUESTO nuovo lavoro rimanda in modo diretto, per suoni e atmosfere, a quel primo disco, ma con una novità non da poco. Le nuove canzoni di Ounsworth risentono fortemente dell’atmosfera degli ultimi anni che ha polarizzato l’opinione pubblica americana (e mondiale): in particolare i primi due singoli, Hesitating Nation e Thousand Oaks, sono racconti presi dalla cronaca e dall’atmosfera degli Stati Uniti di Trump. Il primo racconta la difficoltà di adattarsi «a quella mentalità di scavalcare sempre gli altri a tutti i costi, inevitabilmente a danno di quelli che non si conformano», il secondo è ispirato a una strage avvenuta proprio a Thousand Oaks in California del 2018 e all’impotenza del governo di impedire queste tragedie. Il titolo dell’album è ispirato a un racconto di David Foster Wallace, Per sempre lassù, contenuto nella raccolta Brevi interviste con uomini schifosi, e per la realizzazione Ounsworth ha collaborato con Will Johnson e Britt Beisenherz. Il risultato sono 41 minuti di atmosfere lo-fi in cui emerge una grande ispirazione compositiva ed espressiva, che si esprime attraverso dolenti ballate indie e pezzi più veloci a tinte rock. New Fragility è una specie di manifesto del fatto che non serve un apparato tecnologico e produttivo enorme per fare buoni dischi.